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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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sabato 15 settembre 2012

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 15 settembre 2012 (VIS). Il Santo Padre:

- Ha accettato la rinuncia all'ufficio di Ausiliare della Diocesi di Gniezno (Polonia), presentata dal Vescovo Bogdan Wojtus, per raggiunti limiti di età.

- Ha nominato Membri della Congregazione dei Santi, il Cardinale Enno Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ed il Vescovo Gianfranco Girotti, Reggente emerito della Penitenzieria Apostolica.

MESSAGGIO DELLA RELIGIONE DEVE ESSERE CONTRO LA VIOLENZA

Città del Vaticano, 15 settembre 2012 (VIS). Nell'aereo papale diretto in Libano il Papa ha riposto, come di consueto, alle domande dei giornalisti che lo accompagnavano, relativamente a diversi temi legati alla situazione in Libano e in Medio Oriente.

D. Santo Padre, in questi giorni ricorrono anniversari terribili come quello dell'11 settembre e il massacro di Sabra e Chatila; ai confini del Libano è in corso una sanguinosa guerra civile, e vediamo anche che in altri Paesi, il rischio della violenza è sempre presente. Santo Padre è stato tentato di rinunciare a questo Viaggio a motivo dell’insicurezza, o qualcuno Le ha suggerito di rinunciarvi?

Santo Padre: Posso dire che nessuno mi ha mai consigliato di rinunciare a questo viaggio e, da parte mia, non ho mai contemplato questa ipotesi, perché so che se la situazione si fa più complicata, è più necessario offrire questo segno di fraternità, di incoraggiamento e di solidarietà. È il significato del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi.

D. Molti cattolici manifestano la loro inquietudine dinanzi alla crescita dei fondamentalismi in diverse regioni del mondo e alle aggressioni di cui sono vittime numerosi cristiani. In questo contesto difficile e sovente sanguinoso, la Chiesa come può rispondere all’imperativo del dialogo con l’islam, su cui Lei ha più volte insistito?

Santo Padre: Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. (...) Il messaggio fondamentale della religione dev’essere contro la violenza, che ne è una falsificazione, come il fondamentalismo, e dev’essere l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle capaci di dialogo, di riconciliazione e di pace.

D. Nel contesto dell’onda di desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti Paesi del Medio Oriente con la cosiddetta “primavera araba”, data la realtà sociale nella maggioranza di questi Paesi, in cui i cristiani sono minoranza, non c’è il rischio di una tensione inevitabile fra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?

Santo Padre: Direi che, di per sé, la primavera araba è una cosa positiva: è un desiderio di maggiore democrazia, maggiore libertà, di maggiore cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà, che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera maggiore partecipazione nella vita politica, nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani. Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni, sappiamo che il grido della libertà (...) è sempre in pericolo di dimenticare (...) una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro; il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme, con determinate regole, può crescere. (...) Dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione, come parte fondamentale della libertà. Così anche la rinnovata identità araba implica - penso - pure il rinnovamento dell’insieme secolare e millenario di cristiani e arabi, che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso sia importante vedere l’elemento positivo in questi movimenti e fare la nostra parte perché la libertà sia concepita in modo giusto e risponda a maggior dialogo e non al dominio di uno contro gli altri.

D. Santo Padre, in Siria, come tempo fa in Iraq, molti cristiani si sentono costretti a lasciare a malincuore il loro Paese. Che cosa intende fare o dire la Chiesa cattolica per aiutare in questa situazione, per arginare la scomparsa dei cristiani in Siria e in altri Paesi mediorientali?

Santo Padre: Devo dire innanzi tutto che non solo cristiani fuggono, ma anche musulmani. Naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande e noi dobbiamo fare il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra, della violenza: questa crea la fuga. Quindi, il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Che cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo, naturalmente, sempre diffondere il messaggio della pace, chiarire che la violenza non risolve mai un problema e rafforzare le forze della pace. (...) Direi forse gesti della cristianità, giornate di preghiera per il Medio Oriente, per i cristiani e i musulmani, mostrare possibilità di dialogo e di soluzioni. Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi: perché senza l’importazione di armi la guerra non potrebbe continuare. Invece di importare le armi, che è un peccato grave, dovremmo importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni per accettare ognuno nella sua alterità; dobbiamo quindi rendere visibile nel mondo il rispetto delle religioni, le une delle altre, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso, con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali, aiutare perché cessi la guerra, la violenza, e tutti possano ricostruire il Paese.

D. Santo Padre. Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà, Lei vede passi concreti che le Chiese e i cattolici dell’Occidente, soprattutto in Europa e America, possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?

Santo Padre: Direi che dobbiamo influire sull’opinione politica e sui politici per impegnarsi realmente, con tutte le forze, con tutte le possibilità, con vera creatività, per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire. (...) Inoltre, le nostre organizzazioni caritative dovrebbero anche aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazioni come i Cavalieri del Santo Sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, ma simili organizzazioni potrebbero aiutare materialmente, politicamente, umanamente anche in questi Paesi. Direi, ancora una volta, gesti visibili di solidarietà, giornate di preghiera pubblica, simili cose possono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, essere fattori reali".


UNA NUOVA FRATERNITÀ FONDATA SULLA GRANDEZZA DELLA PERSONA C

ittà del Vaticano, 15 settembre 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha iniziato la seconda giornata del suo Viaggio Apostolico in Libano con una visita di cortesia al Presidente della Repubblica, Generale Michel Sleiman, nel Palazzo Presidenziale di Baabda, dove ha incontrato anche il Presidente della Camera dei Deputati Signor Nabih Berri e il Presidente del Consiglio dei Ministri, Signor Nagib Mikati. Successivamente, sempre nel Palazzo di Baabda, Benedetto XVI ha incontrato i Capi delle Comunità religiose musulmane Sunnita, Sciita, Drusa ed Alauita. Il Papa ha consegnato alle Autorità civili e religiose una copia dell'Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente".

Il Papa, accompagnato del Presidente della Repubblica del Libano, ha piantato nel giardino presidenziale un cedro del Libano, quindi, al termine di questa breve cerimonia simbolica, Benedetto XVI ha pronunciato nel "Salone 25 maggio", un discorso alla Autorità istituzionali, al Corpo diplomatico, ai Capi religiosi ed ai rappresentanti del mondo della cultura. Di seguito riportiamo ampi estratti.

"Ho domandato a Dio di benedirvi, di benedire il Libano e di benedire tutti gli abitanti di questa Regione che ha visto nascere grandi religioni e nobili culture. Perché Dio ha scelto questa Regione? Perché essa vive nella tormenta? Dio l’ha scelta, mi sembra, affinché sia esemplare, affinché testimoni di fronte al mondo la possibilità che l’uomo ha di vivere concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione!".

"Al fine di assicurare il dinamismo necessario per costruire e consolidare la pace, occorre instancabilmente tornare ai fondamenti dell’essere umano. La dignità dell’uomo è inseparabile dal carattere sacro della vita donata dal Creatore. (...) Per costruire la pace, la nostra attenzione deve dunque portarsi verso la famiglia, al fine di facilitare il suo compito, per sostenerla così e dunque promuovere dappertutto una cultura di vita. L’efficacia dell’impegno per la pace dipende dalla concezione che il mondo può avere della vita umana. Se vogliamo la pace, difendiamo la vita! Questa logica squalifica non solo la guerra e gli atti terroristici, ma anche ogni attentato alla vita dell’essere umano, creatura voluta da Dio. L’indifferenza o la negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’uomo impediscono il rispetto di questa grammatica che è la legge naturale inscritta nel cuore umano (...). Dobbiamo dunque unire i nostri sforzi per sviluppare una sana antropologia che comprenda l’unità della persona. Senza di essa, non è possibile costruire l’autentica pace".

"Benché siano più evidenti nei Paesi che conoscono conflitti armati, (...) gli attentati all’integrità e alla vita delle persone esistono anche in altri Paesi. La disoccupazione, la povertà, la corruzione, le diverse dipendenze, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta e il terrorismo implicano, assieme alla sofferenza inaccettabile di quanti ne sono vittime, un indebolimento del potenziale umano. La logica economica e finanziaria vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere! Ma la perdita di ogni vita umana è una perdita per l’umanità intera. (...) Certe ideologie, mettendo in causa in modo diretto o indiretto, o persino legale, il valore inalienabile di ogni persona e il fondamento naturale della famiglia, minano le basi della società. (...) Solo una solidarietà effettiva costituisce l’antidoto a tutto questo. Solidarietà per respingere ciò che ostacola il rispetto di ogni essere umano, solidarietà per sostenere le politiche e le iniziative volte ad unire i popoli in modo onesto e giusto. (...) Una migliore qualità di vita e di sviluppo integrale non è possibile che nella condivisione delle ricchezze e delle competenze, rispettando la dignità di ciascuno. (...) Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace! (...) Qui è l’orientamento che deve presiedere alle scelte politiche ed economiche, ad ogni livello e su scala planetaria!".

"Per aprire alle generazioni di domani un futuro di pace, il primo compito è dunque quello di educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia o a scuola, dev’essere anzitutto educazione ai valori spirituali che conferiscono alla trasmissione del sapere e delle tradizioni di una cultura il loro senso e la loro forza. (...) Il compito dell’educazione è di accompagnare la maturazione della capacità di fare scelte libere e giuste, che possano andare contro-corrente rispetto alle opinioni diffuse, alle mode, alle ideologie politiche e religiose. L’affermarsi di una cultura di pace ha questo prezzo! Occorre evidentemente bandire la violenza verbale o fisica. Essa è sempre un oltraggio alla dignità umana, sia dell’autore sia della vittima. D’altronde, valorizzando le opere pacifiche e il loro influsso per il bene comune, si crea anche l’interesse per la pace. (...). Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità, dove gli sbagli e le offese possono essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Che gli uomini di Stato e i responsabili religiosi vi riflettano!".

"Dobbiamo essere ben coscienti che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico. Il male, il demonio, passa attraverso la libertà umana (...). Cerca un alleato, l’uomo. Il male ha bisogno di lui per diffondersi. È così che, avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo. Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna e dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (...). La trasformazione in profondità dello spirito e del cuore è necessaria per ritrovare una certa chiaroveggenza e una certa imparzialità, il senso profondo della giustizia e quello del bene comune. Uno sguardo nuovo e più libero renderà capaci di analizzare e di mettere in discussione sistemi umani che conducono a vicoli ciechi, per andare avanti tenendo conto del passato, per non ripeterlo più con i suoi effetti devastanti. Questa conversione richiesta è esaltante perché apre delle possibilità facendo appello alle innumerevoli risorse che abitano il cuore di tanti uomini e donne desiderosi di vivere in pace e pronti ad impegnarsi per la pace. Ora essa è particolarmente esigente: si tratta di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare. Perché solo il perdono dato e ricevuto pone le fondamenta durevoli della riconciliazione e della pace per tutti.

"Solo allora può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna. In Libano, la Cristianità e l'Islam abitano lo stesso spazio da secoli., Non è raro vedere nella stessa famiglia entrambe le religioni. Se in una stessa famiglia questo è possibile, perché non dovrebbe esserlo a livello dell'intera società? La specificità del Medio Oriente consiste nella mescolanza secolare di componenti diverse. Certo, ahimè, esse si sono anche combattute! Una società plurale esiste soltanto per effetto del rispetto reciproco, del desiderio di conoscere l'altro e del dialogo continuo. Questo dialogo tra gli uomini è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana. (...) Essi appartengono ai diritti di ogni essere umano. Nell'affermazione della loro esistenza, le diverse religioni recano un contributo decisivo. Non dimentichiamo che la libertà religiosa è il diritto fondamentale da cui molti altri dipendono. Professare e vivere liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà deve essere possibile a chiunque. La perdita o l'indebolimento di questa libertà priva la persona del sacro diritto ad una vita integra sul piano spirituale. (...) La libertà religiosa ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace! Essa promuove una coesistenza ed una vita armoniose attraverso l'impegno comune al servizio di nobili cause e la ricerca della verità, che non si impone con la violenza ma con 'la forza stessa della verità' (...) quella Verità che è in Dio. (...) La fede autentica non può condurre alla morte. L'artigiano di pace è umile e giusto. I credenti hanno dunque oggi un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono fatto a tutti nella vita personale, familiare, sociale, politica ed economica (...). L'inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio".

"Queste brevi riflessioni sulla pace, la società, la dignità della persona, sui valori della famiglia e della vita, sul dialogo e la solidarietà non possono rimanere ideali semplicemente enunciati. Possono e devono essere vissuti. Siamo in Libano ed è qui che devono essere vissuti. Il Libano è chiamato, ora più che mai, ad essere un esempio. Politici, diplomatici, religiosi, uomini e donne del mondo della cultura, vi invito dunque a testimoniare con coraggio intorno a voi, a tempo opportuno e inopportuno, che Dio vuole la pace, che Dio ci affida la pace".

Al termine dell'Incontro il Papa si è diretto al Patriarcato cattolico di Cilicia degli Armeni dove è stato accolto dal Patriarca, Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni. Benedetto XVI ha benedetto la statua del monaco Hagop, estensore del primo libro stampato in lingua armena, il "Il Libro del Venerdì, pubblicato a Venezia nel 1512. Successivamente il Papa ha consumato il pranzo con la comunità dei Patriarchi e Vescovi del Libano.

SINTESI ESORTAZIONE APOSTOLICA "ECCLESIA IN MEDIO ORIENTE"

Città del Vaticano, 15 settembre 2012 (VIS). Riportiamo la sintesi dell'Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente", resa pubblica nel pomeriggio di ieri a Beirut (Libano).

PREMESSA

L'Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Medio Oriente" è il documento elaborato dal Santo Padre Benedetto XVI sulla base delle 44 proposizioni finali dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente tenutasi in Vaticano dal 10 al 26 ottobre 2010, sul tema: "La Chiesa Cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un'anima sola' (At 4, 32)". Il testo si compone di tre parti con una introduzione e una conclusione.


INTRODUZIONE

L’Esortazione invita la Chiesa cattolica in Medio Oriente a ravvivare la comunione al suo interno, guardando ai “fedeli nativi” che appartengono alle Chiese orientali cattoliche sui iuris, ed aprendosi al dialogo con ebrei e musulmani. Si tratta di una comunione, di un’unità da raggiungere nella diversità dei contesti geografici, religiosi, culturali e sociopolitici nel Medio Oriente. Benedetto XVI rinnova l’appello a conservare ed a promuovere i riti delle Chiese Orientali, patrimonio di tutta la Chiesa di Cristo.

PRIMA PARTE

Il Papa invita a non dimenticare i cristiani che vivono in Medio Oriente e che portano un contributo “nobile e autentico” alla costruzione del Corpo di Cristo. Nel descrivere la situazione della regione e dei popoli che vi abitano, Benedetto XVI sottolinea drammaticamente i morti, le vittime “della cecità umana”, la paura e le umiliazioni. L'Esortazione ricorda che le posizioni della Santa Sede sui diversi conflitti nella regione e sullo status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi sono largamente conosciute. Viene lanciato un appello alla conversione, alla pace, al superamento di tutte le distinzioni di razza, sesso e ceto, a vivere il perdono nell’ambito privato e comunitario.

Vita cristiana ed ecumenismo. Tutto questo capitolo è un appello in favore dell’unità ecumenica “che non è l’uniformità delle tradizioni e delle celebrazioni”: in un contesto politico difficile, instabile ed attualmente incline alla violenza come quello del Medio Oriente, la Chiesa si è sviluppata in modo davvero multiforme, presentando Chiese di antica tradizione e comunità ecclesiali più recenti. Si tratta di un mosaico che richiede uno sforzo notevole per rafforzare la testimonianza cristiana. L'Esortazione ribadisce l’importanza del lavoro teologico e delle diverse Commissioni ecumeniche e comunità ecclesiali, affinché – in linea con la dottrina della Chiesa – parlino con una sola voce sulle grandi questioni morali (famiglia, sessualità, bioetica, libertà, giustizia e pace). Importante anche l’ecumenismo diaconale, in ambito caritativo ed educativo. Vengono poi elencate alcune proposte concrete per una pastorale ecumenica di insieme: una certa ‘communicatio in sacris’ (ovvero la possibilità per i cristiani di accedere ai sacramenti in una Chiesa diversa dalla propria) per i sacramenti della penitenza, dell’eucaristia e dell’unzione degli infermi, e trovare un accordo una traduzione comune del Padre Nostro nelle lingue locali della regione.

Il dialogo interreligioso. Ricordando i legami storici e spirituali che i cristiani hanno con ebrei e musulmani, ribadisce che il dialogo interreligioso non è tanto quello dettato da considerazioni pragmatiche di ordine politico o sociale, ma si basa innanzitutto sui fondamenti teologici della fede: ebrei, cristiani e musulmani credono in un unico Dio e pertanto l’auspicio è che possano riconoscere “nell’altro credente” un fratello da amare e da rispettare, evitando di strumentalizzare la religione per conflitti “ingiustificabili per un credente autentico”. Riguardo al dialogo cristiano-ebraico, il Papa ricorda il patrimonio spirituale comune, basato sulla Bibbia, che riporta alle “radici giudaiche del cristianesimo”; invita i cristiani a prendere consapevolezza del mistero dell’Incarnazione di Dio e condanna le ingiustificabili persecuzioni del passato.

Per i musulmani, Benedetto XVI usa la parola “stima” ed aggiunge “nella fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II”; si rammarica, tuttavia, del fatto che le differenze dottrinali siano servite da pretesto agli uni e agli altri per giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e di persecuzione. L’Esortazione poi evidenzia come la presenza dei cristiani in Medio Oriente non sia né nuova, né casuale, ma storica: parte integrante della regione, essi hanno avviato “una simbiosi particolare” con la cultura circostante e – insieme ad ebrei e musulmani – hanno contribuito alla formazione di una ricca cultura, propria del Medio Oriente.

Riguardo ai cattolici della regione, il testo evidenzia che essi, cittadini nativi del Medio Oriente, hanno il diritto ed il dovere di partecipare pienamente alla vita civile, e non devono essere considerati cittadini di serie B. Il Papa afferma che la libertà religiosa - somma di tutte le libertà, sacra e inalienabile – include la libertà di scegliere la religione che si ritiene vera e di manifestare pubblicamente il proprio credo e i suoi simboli, senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà personale. La forza e le costrizioni, in materia religiosa, non sono ammissibili. Di qui, l’invito a passare dalla tolleranza alla libertà religiosa, il che non implica una porta aperta al sincretismo, ma “una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio”.

Due nuove realtà: la laicità, con le sue forme talvolta estreme, e il fondamentalismo violento che rivendica un’origine religiosa. La sana laicità implica distinzione e collaborazione tra politica e religione, nel reciproco rispetto, e garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione e alla religione di vivere senza gli appesantimenti degli interessi politici. Il fondamentalismo religioso – che cresce nel clima d’incertezza socio-politica, grazie alle manipolazioni di alcuni e ad una comprensione insufficiente della religione da parte di altri – vuole prendere il potere, talvolta con violenza, sulla coscienza delle persone e sulla religione, per ragioni politiche. Per questo, il Papa lancia un accorato appello a tutti i responsabili religiosi del Medio Oriente affinché cerchino, con il loro esempio ed il loro insegnamento, di fare il possibile per sradicare questa minaccia che tocca indistintamente e mortalmente i credenti di tutte le religioni.

I migranti: Il Papa affronta una questione cruciale, ovvero quella dell’esodo dei cristiani (una vera Esortazionerragia), i quali si trovano in una posizione delicata, talvolta senza speranza, e risentono delle conseguenze negative dei conflitti, sentendosi spesso umiliati, nonostante abbiano partecipato, lungo i secoli, alla costruzione dei rispettivi Paesi. Un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più Medio Oriente. Per questo, il Papa chiede ai dirigenti politici e ai responsabili religiosi di evitare politiche e strategie che tendano verso un Medio Oriente monocromo che non rifletta la sua realtà umana e storica. Benedetto XVI invita poi i pastori delle Chiese Orientali cattoliche ad aiutare i loro sacerdoti ed i loro fedeli in diaspora a restare in contatto con le loro famiglie e le loro Chiese ed esorta i Pastori delle circoscrizioni ecclesiastiche che accolgono i cattolici orientali a dare loro la possibilità di celebrare secondo le proprie tradizioni. Il capitolo affronta anche la questione dei lavorati immigrati - spesso cattolici di rito latino – provenienti dall’Africa, dall’EstrEsortazione Oriente e dal sub-Continente indiano, che sperimentano troppo spesso situazioni di discriminazione e di ingiustizia.

SECONDA PARTE

La seconda parte si rivolge ad alcune delle principali categorie che costituiscono la Chiesa cattolica:

- Patriarchi: responsabili delle Chiese sui iuris, in unione perfetta con il Vescovo di Roma, rendono tangibile l’universalità e l’unità della Chiesa e, in segno di comunione, sapranno rafforzare l’unione e la solidarietà nel quadro del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente e dei Sinodi patriarcali, privilegiando sempre la concertazione sulle questioni fondamentali per la Chiesa.
- Vescovi: segno visibile dell’unità nella diversità della Chiesa intesa come Corpo, di cui Cristo è il capo, sono i primi ad essere inviati in tutte le nazioni per fare discepoli. Essi devono annunciare con coraggio e difendere con fermezza l’integrità e l’unità della fede, in quelle situazioni difficili che purtroppo non mancano in Medio Oriente. I vescovi sono anche invitati ad una gestione sana, onesta e trasparente dei beni temporali della Chiesa e a questo proposito il Papa ricorda che i Padri Sinodali hanno chiesto una seria revisione delle finanze e dei beni, per evitare la confusione tra i beni personali e quelli della Chiesa. I vescovi, inoltre, dovranno vigilare per assicurare ai sacerdoti il giusto sostentamento, affinché non si perdano in questioni materiali. L’alienazione dei beni della Chiesa deve rispondere strettamente alle norme canoniche e alle disposizioni pontificie vigenti. Infine, il Papa esorta i vescovi ad avere cura, in senso pastorale, di tutti i fedeli cristiani, a prescindere dalla loro nazionalità o provenienza ecclesiale.
- Sacerdoti e seminaristi: l’Esortazione sottolinea che i sacerdoti devono educare il Popolo di Dio alla costruzione di una civiltà di amore evangelico e di unità e ciò esige una trasmissione approfondita della Parola di Dio, della tradizione e della Dottrina della Chiesa, insieme al rinnovamento intellettuale e spirituale degli stessi sacerdoti. In quest’ottica, è importante il celibato – dono inestimabile di Dio alla Chiesa – ma anche il ministero dei preti sposati, antica componente della tradizione orientale. In quanto servitori della comunione, preti e seminaristi devono offrire una testimonianza coraggiosa e priva di ombre, devono avere una condotta irreprensibile, e devono aprirsi alla diversità culturale delle loro Chiese (apprendendone, ad esempio, le lingue e le culture), così come alla diversità ecclesiale ed al dialogo ecumenico ed interreligioso.

- Vita consacrata: il monachesimo, nelle sue diverse forme, è nato in Medio Oriente ed ha dato inizio ad alcune Chiese sui iuris, i consacrati dovranno collaborare con il vescovo nell’attività pastorale e missionaria. Essi vengono invitati a meditare a lungo e ad osservare i consigli evangelici (castità, povertà ed obbedienza), perché non può esserci rigenerazione spirituale – dei fedeli, delle comunità e della Chiesa intera – senza un ritorno chiaro e netto alla ricerca di Dio.
- Laici: Membri del Corpo di Cristo grazie al battesimo, e quindi pienamente associati alla missione della Chiesa universale, ai laici il Papa affida il compito di promuovere - nell’ambito temporale, loro proprio – la sana gestione dei beni pubblici, la libertà religiosa ed il rispetto della dignità di ciascuno. Essi sono invitati anche ad essere audaci nella causa di Cristo. Perché la loro testimonianza dia davvero frutti, tuttavia, i laici dovranno superare le divisioni e tutte le interpretazioni soggettive della vita cristiana.

- Famiglia: istituzione divina fondata sul sacramento indissolubile del matrimonio tra uomo e donna (“L’amore coniugale è il progetto paziente di tutta una vita”), oggi la famiglia è esposta a molti pericoli. La famiglia cristiana deve essere sostenuta nei suoi problemi e difficoltà e deve guardare alla propria identità profonda, perché sia innanzitutto Chiesa domestica che educa alla preghiera e alla fede, vivaio di vocazioni, scuola naturale di virtù e valori etici, cellula fondante della società. Ampio spazio l’Esortazione lo riserva alla questione della donna in Medio Oriente ed alla necessità della sua uguaglianza con l’uomo, di fronte alle discriminazioni che essa deve subire e che offendono gravemente non solo la donna stessa, ma anche e soprattutto Dio. Il Papa sottolinea che le donne devono impegnarsi ed essere coinvolte nella vita pubblica ed ecclesiale. Riguardo alle vertenze giuridiche nelle questioni matrimoniali, la voce della donna deve essere ascoltata alla pari di quella dell’uomo, senza ingiustizie. Per questo, il Papa incoraggia un’applicazione più sana e più giusta del diritto, in quest’ambito, affinché le differenze giuridiche relative alle questioni matrimoniali non conducano all’apostasia. Infine, i cristiani del Medio Oriente devono poter applicare, sia nel matrimonio che altrove, il proprio diritto, senza restrizioni.

- Giovani e bambini: il Papa li esorta a non avere paura o vergogna di essere cristiani, a rispettare gli altri credenti, ebrei e musulmani, a coltivare sempre – attraverso la preghiera – la vera amicizia con Gesù, amando Cristo e la Chiesa. In questo modo, essi potranno discernere con sapienza i valori della modernità utili alla loro realizzazione, senza lasciarsi sedurre dal materialismo o da certi social network il cui uso indiscriminato può mutilare la vera natura delle relazioni umane. Per i bambini, in particolare, l’Esortazione si appella a genitori, educatori, formatori e istituzioni pubbliche affinché riconoscano i diritti dei minori a partire dal loro concepimento.

TERZA PARTE

La Parola di Dio, anima e fonte di comunione e testimonianza: Dopo aver espresso riconoscenza alle scuole esegetiche (d’Alessandria, di Antiochia) che hanno contribuito alla formulazione dogmatica del mistero cristiano nel IV e V secolo, l’Esortazione raccomanda una vera pastorale biblica, per dissipare pregiudizi o idee errate che causano controversie inutili o umilianti. Di qui, il suggerimento di proclamare un Anno Biblico, a seconda delle condizioni pastorali di ogni Paese della regione, e di farlo seguire, se opportuno, da una Settimana annuale della Bibbia. La presenza cristiana nei Paesi biblici del Medio Oriente – che va ben al di là di un’appartenenza sociologica o di una semplice riuscita economica e culturale – ritrovando la linfa delle origini e nella sequela dei discepoli di Cristo, prenderà un nuovo slancio. Infine, il Papa incoraggia lo sviluppo di nuove strutture della comunicazione e la formazione – non solo tecnica, ma anche dottrinale ed etica – di personale specializzato in questo settore, nevralgico per l’evangelizzazione.

Liturgia e vita sacramentale: Per i fedeli del Medio Oriente, la liturgia è elemento essenziale dell’unità spirituale e della comunione. Il rinnovamento delle celebrazioni e dei testi liturgici - là dove necessario - deve essere fondato sulla Parola di Dio e realizzato in collaborazione con le Chiese co-depositarie delle stesse tradizioni. Centrale l’invito a guardare all’importanza del battesimo, che permette a coloro che lo ricevono di vivere in comunione e di sviluppare una vera solidarietà con gli altri membri della famiglia umana, senza discriminazioni basate sulla razza o sulla religione. In quest’ottica, il Papa auspica un accordo ecumenico sul riconoscimento reciproco del Battesimo tra la Chiesa cattolica e le Chiese con cui essa è in dialogo teologico, per restaurare, così, la piena comunione nella fede apostolica. L’Esortazione auspica anche una pratica più frequente del sacramento del perdono e della riconciliazione ed esorta Pastori e fedeli a promuovere iniziative di pace, anche in mezzo alle persecuzioni.

La preghiera e i pellegrinaggi: il Medio Oriente è un luogo privilegiato di pellegrinaggio per molti cristiani che qui possono consolidare la propria fede e vivere un’esperienza profondamente spirituale. Il Papa chiede che i fedeli possano avere libero accesso, senza restrizioni, ai Luoghi Santi. Essenziale anche che il pellegrinaggio biblico di oggi ritorni alle sue motivazioni iniziali: un cammino penitenziale, alla ricerca di Dio.

Evangelizzazione e carità: missioni della Chiesa. L’Esortazione sottolinea che la trasmissione della fede è una missione essenziale della Chiesa. Di qui, l’invito del Papa alla nuova evangelizzazione che, nel contesto contemporaneo, segnato da cambiamenti, rende il fedele consapevole della sua testimonianza di vita: essa rafforza la sua parola quando parla di Dio coraggiosamente ed apertamente, per annunciare la Buona Novella di salvezza. In particolare, in Medio Oriente, l’approfondimento del senso teologico e pastorale dell’evangelizzazione dovrà guardare a due dimensioni, quella ecumenica e quella interreligiosa. Riguardo ai movimenti e alle comunità ecclesiali, il Papa li incoraggia ad agire in unione con il Vescovo del luogo e secondo le sue direttive pastorali, tenendo conto della storia, della liturgia, della spiritualità e della cultura locale, senza confusione né proselitismo. La Chiesa cattoliche del Medio Oriente è quindi invitata a rinnovare il suo spirito missionario, sfida quanto mai urgente in un contesto multiculturale e pluri-religioso. Un forte stimolo, in questo senso, potrà derivare dall’Anno della Fede. Riguardo alla carità, l’Esortazione ricorda che la Chiese deve seguire l’esempio di Cristo che si è fatto vicino ai più deboli: gli orfani, i poveri, i disabili, i malatiInfine, il Papa saluta ed incoraggia tutte le persone che operano, in modo impressionante, nei centri educativi, nelle scuole, negli istituti superiori e nelle università cattoliche del Medio Oriente. Tali strumenti di cultura – che devono essere sostenuti dai responsabili politici - dimostrano che esiste, in Medio Oriente, la possibilità di vivere nel rispetto e nella collaborazione, attraverso l’educazione alla tolleranza.

Catechesi e formazione cristiana: Il documento pontificio incoraggia la lettura e l’insegnamento del catechismo della Chiesa cattolica e un’iniziazione concreta alla Dottrina sociale della Chiesa. Allo stesso tempo, il Papa invita i Sinodi e gli altri organismi episcopali a facilitare i fedeli nell’accostarsi alla ricchezza spirituale dei Padri della Chiesa e ad attualizzare l’insegnamento patristico, complemento della formazione biblica.

CONCLUSIONI

In modo solenne, Benedetto XVI chiede, in nome di Dio, ai responsabili politici e religiosi non solo di alleviare le sofferenze di tutti coloro che vivono in Medio Oriente, ma anche di eliminarne le cause, facendo tutto il possibile per arrivare alla pace. Allo stesso tempo, i fedeli cattolici sono esortati a consolidare e a vivere la comunione tra loro, dando vita al dinamismo pastorale. “La tiepidezza dispiace a Dio” e quindi i cristiani del Medio Oriente, cattolici ed altri, diano testimonianza di Cristo, uniti e con coraggio. Si tratta di una testimonianza non facile, ma esaltante.

CRISTIANI MEDIO ORIENTE: LODIAMO DIO PER VOSTRO CORAGGIO NELLA FEDE

Città del Vaticano, 15 settembre 2012 (VIS). La Basilica greco-melkita di St. Paul ad Harissa ha accolto nel pomeriggio di ieri il Santo Padre Benedetto XVI che ha lì firmato l'Esortazione Apostolica Post-Sinodale "Ecclesia in Medio Oriente". La Basilica fa parte di un grande complesso che comprende anche un seminario maggiore e una "casa di scrittori" dediti allo studio dei testi sacri ed alla traduzione in arabo di testi del magistero. Il sito sorge nel 1909 come sede della neocostituita "Società dei Missionari di San Paolo".

Il Santo Padre è stato accolto dal Patriarca greco-melkita Sua Beatitudine Gregorios III Laham B.S. Dopo il canto d'ingresso secondo il rito bizantino, il Papa ha venerato le Sante Icone custodite nella Basilica. Dopo l'intervento dell'Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, si è tenuto il canto d'inizio secondo il rito maronita.

Dopo le letture, Benedetto XVI ha salutato i Patriarchi, il gruppo dei Vescovi orientali e latini, le delegazioni ortodosse, musulmane e druse, i rappresentanti del mondo della cultura e della società civile e la comunità greco-melkita. "La vostra presenza solennizza la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, e testimonia che questo documento, destinato certamente alla Chiesa universale, riveste un’importanza particolare per l’intero Medio Oriente".

"La felice coabitazione dell'Islam e del Cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a creare grandi culture, costituisce l'originalità della vita sociale, politica e religiosa in Libano. Non si può che gioire per questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Confido questo desiderio ai responsabili religiosi del vostro Paese.

"È provvidenziale - ha proseguito il Pontefice - che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo. Fra un mese si celebrerà il 1700° anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: 'In questo segno, vincerai!".

"Esiste un legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato dal cristiano. Senza questo legame - ha sottolineato il Santo Padre - esaltare la Croce significherebbe giustificare la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale. Per un cristiano, esaltare la Croce vuol dire partecipare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore. È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre un atto di speranza!".

"Considerando la situazione attuale delle Chiese nel Medio Oriente, i Padri sinodali hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono spesso impediti".

"Nello stesso tempo, la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre. Come non rendere grazie a Dio in ogni momento per tutti voi, cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella fede? Come non ringraziarlo per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta verso tutti i figli di Dio?".

"Ecclesia in Medio Oriente permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo. Essa (...) vuole tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa. È proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. Alla luce della festa odierna e in vista di una fruttuosa applicazione dell’Esortazione, vi invito tutti a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede. Questo è il linguaggio della Croce gloriosa! (...) saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; (...) saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro. Non si tratta di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti".

"Ecclesia in Medio Oriente offre elementi che possono aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo. L’Esortazione apre all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore. Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici".

"In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso il Battesimo: (...) un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo. (...) Questo documento vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa".

"'Non temere, piccolo gregge' e ricordati della promessa fatta a Costantino: 'In questo segno, tu vincerai!'. Chiese in Medio Oriente, non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale! È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli (...) Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace, nella fraternità e nella libertà religiosa!", ha concluso Benedetto XVI.

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