Inizio - VIS Vaticano - Ricevere VIS - Contattaci - Calendario VIS

Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

ultime 5 notizie

VISnews anche in Twitter Anche in YouTube

venerdì 5 luglio 2013

SINTESI DELL'ENCICLICA "LUMEN FIDEI"

Città del Vaticano, 5 luglio 2013 (VIS). Di seguito riportiamo una ampia sintesi della "Lumen fidei", prima Enciclica di Papa Francesco, pubblicata oggi, 5 luglio 2013 e datata 29 giugno 2013.
Lumen fidei - La luce della fede (LF) è la prima Enciclica firmata da Papa Francesco. Suddivisa in quattro capitoli, più un’introduzione e una conclusione, la Lettera – spiega lo stesso Pontefice – si aggiunge alle Encicliche di Benedetto XVI sulla carità e sulla speranza e assume il “prezioso lavoro” compiuto dal Papa emerito, che aveva già “quasi completato” l’Enciclica sulla fede. A questa “prima stesura” ora il Santo Padre Francesco aggiunge “ulteriori contributi”.

L’introduzione (n. 1-7) della LF illustra le motivazioni poste alla base del documento: innanzitutto, recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo, di aiutarlo a distinguere il bene dal male, in particolare in un’epoca, come quella moderna, in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo. In secondo luogo, la LF – proprio nell’Anno della fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, un “Concilio sulla fede” – vuole rinvigorire la percezione dell’ampiezza degli orizzonti che la fede apre per confessarla in unità e integrità. La fede, infatti, non è un presupposto scontato, ma un dono di Dio che va nutrito e rafforzato. “Chi crede, vede”, scrive il Papa, perché la luce della fede viene da Dio ed è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo: procede dal passato, dalla memoria della vita di Gesù, ma viene anche dal futuro perché ci schiude grandi orizzonti.

Il primo capitolo (n. 8-22): Abbiamo creduto all’amore (1 Gv 4, 16). Facendo riferimento alla figura biblica di Abramo, in questo capitolo la fede viene spiegata come “ascolto” della Parola di Dio, “chiamata” ad uscire dal proprio io isolato per aprirsi ad una vita nuova e “promessa” del futuro, che rende possibile la continuità del nostro cammino nel tempo, legandosi così strettamente alla speranza. La fede è connotata anche dalla “paternità”, perché il Dio che ci chiama non è un Dio estraneo, ma è Dio Padre, la sorgente di bontà che è all’origine di tutto e che sostiene tutto. Nella storia di Israele, all’opposto della fede c’è l’idolatria, che disperde l’uomo nella molteplicità dei suoi desideri e lo “disintegra nei mille istanti della sua storia”, negandogli di attendere il tempo della promessa. Al contrario, la fede è affidamento all’amore misericordioso di Dio, che sempre accoglie e perdona, che raddrizza “le storture della nostra storia”; è disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio, “è un dono gratuito di Dio che chiede l’umiltà e il coraggio di fidarsi e affidarsi a Lui per vedere il luminoso cammino dell’incontro fra Dio e gli uomini, la storia della salvezza” (n.14). E qui sta il “paradosso” della fede: il continuo volgersi al Signore rende stabile l’uomo, allontanandolo dagli idoli.

La LF si sofferma, poi, sulla figura di Gesù, mediatore che ci apre ad una verità più grande di noi, manifestazione di quell’amore di Dio che è il fondamento della fede: “nella contemplazione della morte di Gesù, infatti, la fede si rafforza”, perché Egli vi rivela il suo amore incrollabile per l’uomo. In quanto risorto, inoltre, Cristo è “testimone affidabile”, “degno di fede”, attraverso il quale Dio opera veramente nella storia e ne determina il destino finale. Ma c’è “un aspetto decisivo” della fede in Gesù: “la partecipazione al suo modo di vedere”. La fede, infatti, non solo guarda a Gesù, ma guarda anche dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi. Usando un’analogia, il Papa spiega che come nella vita quotidiana ci affidiamo a “persone che conoscono le cose meglio di noi” – l’architetto, il farmacista, l’avvocato – così per la fede necessitiamo di qualcuno che sia affidabile ed esperto “nelle cose di Dio” e Gesù è “colui che ci spiega Dio”. Per questo, crediamo a Gesù quando accettiamo la sua Parola, e crediamo in Gesù quando Lo accogliamo nella nostra vita e ci affidiamo a Lui. La sua incarnazione, infatti, fa sì che la fede non ci separi dalla realtà, ma ci aiuti a coglierne il significato più profondo. Grazie alla fede, l’uomo si salva, perché si apre a un Amore che lo precede e lo trasforma dall’interno. E questa è l’azione propria dello Spirito Santo: “Il cristiano può avere gli occhi di Gesù, i suoi sentimenti, la sua disposizione filiale, perché viene reso partecipe del suo Amore, che è lo Spirito” (n. 21). Fuori dalla presenza dello Spirito, è impossibile confessare il Signore. Perciò “l’esistenza credente diventa esistenza ecclesiale”, perché la fede si confessa all’interno del corpo della Chiesa, come “comunione concreta dei credenti”. I cristiani sono “uno” senza perdere la loro individualità e nel servizio agli altri ognuno guadagna il proprio essere. Perciò “la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva”, ma nasce dall’ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio.
Il secondo capitolo (n. 23-36): Se non crederete, non comprenderete (Is 7,9). Il Papa dimostra lo stretto legame tra fede e verità, la verità affidabile di Dio, la sua presenza fedele nella storia. “La fede senza verità non salva – scrive il Papa – Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità”. Ed oggi, data “la crisi di verità in cui viviamo”, è più che mai necessario richiamare questo legame, perché la cultura contemporanea tende ad accettare solo la verità della tecnologia, ciò che l’uomo riesce a costruire e misurare con la scienza e che è “vero perché funziona”, oppure le verità del singolo valide solo per l’individuo e non a servizio del bene comune. Oggi si guarda con sospetto alla “verità grande, la verità che spiega l’insieme della vita personale e sociale”, perché la si associa erroneamente alle verità pretese dai totalitarismi del XX secolo. Ciò comporta però il “grande oblio del mondo contemporaneo” che - a vantaggio del relativismo e temendo il fanatismo - dimentica la domanda sulla verità, sull’origine di tutto, la domanda su Dio. La LF sottolinea, poi, il legame tra fede e amore, inteso non come “un sentimento che va e viene”, ma come il grande amore di Dio che ci trasforma interiormente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà. Se, quindi, la fede è legata alla verità e all’amore, allora “amore e verità non si possono separare”, perché solo l’amore vero supera la prova del tempo e diventa fonte di conoscenza. E poiché la conoscenza della fede nasce dall’amore fedele di Dio, “verità e fedeltà vanno insieme”. La verità che ci dischiude la fede è una verità incentrata sull’incontro con Cristo incarnato, il quale, venendo tra noi, ci ha toccato e donato la sua grazia, trasformando il nostro cuore.

A questo punto, il Papa apre un’ampia riflessione sul “dialogo tra fede e ragione”, sulla verità nel mondo di oggi, in cui essa viene spesso ridotta ad “autenticità soggettiva”, perché la verità comune fa paura, viene identificata con l’imposizione intransigente dei totalitarismi. Invece, se la verità è quella dell’amore di Dio, allora non si impone con la violenza, non schiaccia il singolo. Per questo, la fede non è intransigente, il credente non è arrogante. Al contrario, la verità rende umili e porta alla convivenza ed al rispetto dell’altro. Ne deriva che la fede porta al dialogo in tutti i campi: in quello della scienza, perché risveglia il senso critico e allarga gli orizzonti della ragione, invitando a guardare con meraviglia il Creato; nel confronto interreligioso, in cui il cristianesimo offre il proprio contributo; nel dialogo con i non credenti che non cessano di cercare, i quali “cercano di agire come se Dio esistesse”, perché “Dio è luminoso e può essere trovato anche da coloro che lo cercano con cuore sincero”. “Chi si mette in cammino per praticare il bene – sottolinea il Papa – si avvicina già a Dio”. Infine, la LF parla della teologia ed afferma che essa è impossibile senza la fede, poiché Dio non ne è un semplice “oggetto”, ma è Soggetto che si fa conoscere. La teologia è partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso; ne consegue che essa deve porsi al servizio della fede dei cristiani e che il Magistero ecclesiale non è un limite alla libertà teologica, bensì un suo elemento costitutivo perché esso assicura il contatto con la fonte originaria, con la Parola di Cristo.
Il terzo capitolo (n. 37- 49): Vi trasmetto quello che ho ricevuto (1 Cor 15,3). Tutto il capitolo è incentrato sull’importanza dell’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio, non può tenere questo dono per sé, scrive il Papa. La luce di Gesù brilla sul volto dei cristiani e così si diffonde, si trasmette nella forma del contatto, come una fiamma che si accende dall’altra, e passa di generazione in generazione, attraverso la catena ininterrotta dei testimoni della fede. Ciò comporta il legame tra fede e memoria perché l’amore di Dio mantiene uniti tutti i tempi e ci rende contemporanei a Gesù. Inoltre, diventa “impossibile credere da soli”, perché la fede non è “un’opzione individuale”, ma apre l’io al “noi” ed avviene sempre “all’interno della comunione della Chiesa”. Per questo, “chi crede non è mai solo”: perché scopre che gli spazi del suo ‘io’ si allargano e generano nuove relazioni che arricchiscono la vita.

C’è, però, “un mezzo speciale” con cui la fede può trasmettersi: sono i Sacramenti, in cui si comunica “una memoria incarnata”. Il Papa cita innanzitutto il Battesimo – sia dei bambini sia degli adulti, nella forma del catecumenato - che ci ricorda che la fede non è opera dell’individuo isolato, un atto che si può compiere da soli, bensì deve essere ricevuta, in comunione ecclesiale. “Nessuno battezza se stesso”, spiega la LF. Inoltre, poiché il bambino battezzando non può confessare la fede da solo, ma deve essere sostenuto dai genitori e dai padrini, ne deriva “l’importanza della sinergia tra la Chiesa e la famiglia nella trasmissione della fede”. In secondo luogo, l’Enciclica cita l’Eucaristia, “nutrimento prezioso della fede”, “atto di memoria, attualizzazione del mistero” e che “conduce dal mondo visibile verso l’invisibile”, insegnandoci a vedere la profondità del reale. Il Papa ricorda poi la confessione della fede, il Credo, in cui il credente non solo confessa la fede, ma si vede coinvolto nella verità che confessa; la preghiera, il Padre Nostro, con cui il cristiano incomincia a vedere con gli occhi di Cristo; il Decalogo, inteso non come “un insieme di precetti negativi”, ma come “insieme di indicazioni concrete” per entrare in dialogo con Dio, “lasciandosi abbracciare dalla sua misericordia”, “cammino della gratitudine” verso la pienezza della comunione con Dio. Infine, il Papa sottolinea che la fede è una perché uno è “il Dio conosciuto e confessato”, perché si rivolge all’unico Signore, ci dona “l’unità di visione”, ed “è condivisa da tutta la Chiesa, che è un solo corpo e un solo Spirito”. Dato, dunque, che la fede è una sola, allora deve essere confessata in tutta la sua purezza e integrità: “l’unità della fede è l’unità della Chiesa”; togliere qualcosa alla fede è togliere qualcosa alla verità della comunione. Inoltre, poiché l’unità della fede è quella di un organismo vivente, essa può assimilare in sé tutto ciò che trova, dimostrando di essere universale, cattolica, capace di illuminare e portare alla sua migliore espressione tutto il cosmo e tutta la storia. Tale unità è garantita dalla successione apostolica.

Il quarto capitolo (n. 50-60): Dio prepara per loro una città (Eb 11,16) Questo capitolo spiega il legame tra la fede e il bene comune, che porta alla formazione di un luogo in cui l’uomo può abitare insieme agli altri. La fede, che nasce dall’amore di Dio, rende saldi i vincoli fra gli uomini e si pone al servizio concreto della giustizia, del diritto e della pace. Ecco perché essa non allontana dal mondo e non è estranea all’impegno concreto dell’uomo contemporaneo. Anzi: senza l’amore affidabile di Dio, l’unità tra gli uomini sarebbe fondata solo sull’utilità, sull’interesse o sulla paura. La fede, invece, coglie il fondamento ultimo dei rapporti umani, il loro destino definitivo in Dio, e li pone a servizio del bene comune. La fede “è un bene per tutti, un bene comune”; non serve a costruire unicamente l’aldilà, ma aiuta a edificare le nostre società, così che camminino verso un futuro di speranza.

L’Enciclica si sofferma, poi, sugli ambiti illuminati dalla fede: innanzitutto, la famiglia fondata sul matrimonio, inteso come unione stabile tra uomo e donna. Essa nasce dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale e, fondata sull’amore in Cristo, promette “un amore che sia per sempre” e riconosce l’amore creatore che porta a generare figli. Poi, i giovani: qui il Papa cita le Giornate Mondiali della Gioventù, in cui i giovani mostrano “la gioia della fede” e l’impegno a viverla in modo saldo e generoso. “I giovani hanno il desiderio di una vita grande – scrive il Pontefice –. L’incontro con Cristo dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita”. E ancora, in tutti i rapporti sociali: rendendoci figli di Dio, infatti, la fede dona un nuovo significato alla fraternità universale tra gli uomini, che non è mera uguaglianza, bensì esperienza della paternità di Dio, comprensione della dignità unica della singola persona. Un ulteriore ambito è quello della natura: la fede ci aiuta a rispettarla, a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”; ci insegna ad individuare forme giuste di governo, in cui l’autorità viene da Dio ed è a servizio del bene comune; ci offre la possibilità del perdono che porta a superare i conflitti. “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno”, scrive il Papa, e se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, perderemo la fiducia tra noi e saremo uniti solo dalla paura. Per questo che non dobbiamo vergognarci di confessare pubblicamente Dio, in quanto la fede illumina il vivere sociale. Altro ambito illuminato dalla fede è quello della sofferenza e della morte: il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare affidamento alle mani di Dio che mai ci abbandona e così essere “tappa di crescita della fede”. All’uomo che soffre Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua presenza che accompagna, che apre un varco di luce nelle tenebre. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza. E qui il Papa lancia un appello: “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino”.

Conclusione (n. 58-60): Beata colei che ha creduto (Lc 1,45) Alla fine della LF, il Papa invita a guardare a Maria, “icona perfetta” della fede, perché, in quanto Madre di Gesù, ha concepito “fede e gioia”. A Lei innalza la sua preghiera il Pontefice affinché aiuti la fede dell’uomo, ci ricordi che chi crede non è mai solo e ci insegni a guardare con gli occhi di Gesù.

PRESENTAZIONE DELL'ENCICLICA "LUMEN FIDEI": LA FEDE COME ESPERIENZA DI COMUNIONE E DI SOLIDARIETÀ

Città del Vaticano, 5 luglio 2013 (VIS). Alle 11:00 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione della prima Lettera Enciclica di Papa Francesco "Lumen Fidei". Alla Conferenza Stampa sono intervenuti il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi; l'Arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e l'Arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Nel suo intervento l'Arcivescovo Gerhard L. Müller ha precisato che la "Lumen Fidei" si divide in quattro parti "che possiamo considerare come quattro quadri di un'unica 'pala'.

"Nella prima parte, dalla fede di Abramo, l'uomo che nella voce di Dio 'riconosce un appello profondo, iscritto da sempre nel profondo del suo essere', si passa alla fede del popolo di Israele. La storia della fede di Israele, a sua volta, è un continuo passaggio dalla 'tentazione dell'incredulità' e dell'adorare gli idoli, 'opera delle mani dell'uomo', alla confessione 'dei benefici di Dio e al compiersi progressivo delle sue promesse'. Fino alla storia di Gesù, compendio della salvezza, in cui tutte le linee della storia di Israele si raccolgono e si concentrano".

"Con Gesù possiamo dire definitivamente che 'abbiamo conosciuto e creduto all'Amore che Dio ha per noi', poiché egli è 'la manifestazione piena dell'affidabilità di Dio'".

Nella seconda parte - ha proseguito l'Arcivescovo Müller - l'Enciclica pone con forza la questione della verità come questione che si colloca 'al centro della fede'. La fede riguarda perciò anche la conoscenza della realtà, è evento conoscitivo: 'senza verità, la fede non salva…resta una bella fiaba…oppure si riduce a un bel sentimento'".

"La fede - ha ricordato - aprendoci all'amore che viene da Dio, trasforma il nostro modo di vedere le cose 'in quanto l'amore stesso porta [in sé] una luce'. (...) L'amore è autentico quando ci lega alla verità e la verità stessa ci attira a sé con la forza dell'amore. 'Questa scoperta dell'amore come fonte di conoscenza, che appartiene all'esperienza originaria di ogni uomo' ci viene testimoniata proprio 'dalla concezione biblica della fede" (n. 28) ed è una delle sottolineature più belle e importanti di questa Enciclica".

"La fede - ha spiegato l'Arcivescovo Müller - ci aiuta dunque ad attingere in profondità i fondamenti del reale. In questo senso, si può comprendere a che livello la luce della fede è in grado di 'illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità', vale a dire le grandi domande che sorgono nel cuore umano di fronte alla realtà tutta, sia davanti alle sue bellezze, come di fronte ai suoi drammi".

L'Arcivescovo Müller ha richiamato l'attenzione su alcuni punti rilevanti dell'Enciclica: "Anzitutto sul luogo genetico della fede, la quale, se è evento che tocca intimamente la persona, non rinchiude l’io in un isolato ed isolante 'a-tu-per-tu' con Dio. Essa, infatti, 'nasce da un incontro che accade nella storia' e 'si trasmette…nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un'altra fiamma'".

"In secondo luogo, mi sta a cuore richiamare una citazione - presente nella terza parte dell’Enciclica - tratta dalle Omelie di San Leone Magno: 'se la fede non è una, non è fede' . Viviamo infatti in un mondo che nonostante tutte le sue connessioni e globalizzazioni è frammentato e sezionato in molti 'mondi' che, sebbene in comunicazione, sono spesso e volentieri a sé stanti e in conflitto fra loro. L'unità della fede è perciò il bene prezioso che il Santo Padre e i suoi confratelli Vescovi sono chiamati a testimoniare, alimentare e garantire, come primizia di un’unità che vuole offrirsi come dono al mondo intero".

infine il Presule ha citato un brano della quarta parte dell'Enciclica "Se è vero che la fede autentica riempie di gioia ed è 'una dilatazione della vita' – ecco un richiamo che accomuna concretamente Papa Francesco e Benedetto XVI – 'la luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo' ma ci apre ad una 'presenza che accompagna, [ad] una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza, per aprire in essa un varco di luce'".

"L'Enciclica - secondo l'Arcivescovo Müller - vuole riaffermare in modo nuovo che la fede in Gesù Cristo è un bene per l'uomo ed 'è un bene per tutti, è un bene comune': 'la sua luce non illumina solo l'interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell'aldilà; essa ci aiuta ad edificare le nostre società, in modo che camminiamo verso un futuro di speranza'".

Il Cardinale Ouellet ha a sua volta affermato che l'Enciclica "parla in realtà esprimendosi in un 'noi' che non è maiestatis ma bensì di comunione. Essa parla della fede come d’una esperienza di comunione, di dilatazione dell’io e di solidarietà nel cammino della Chiesa con Cristo per la salvezza dell’umanità (...) Oggettivamente, la luce della fede orienta il senso della vita, porta conforto e consolazione ai cuori inquieti e abbattuti, ma impegna anche i credenti a porsi a servizio del bene comune dell’umanità attraverso l’annuncio e l’autentica condivisione della grazia ricevuta da Dio. (...) Soggettivamente, la fede è un’apertura all’Amore di Cristo, un accogliere, l’entrare in una relazione che allarga l’'io' alle dimensioni di un 'noi' che non è soltanto umano, nella Chiesa, ma che è propriamente divino, e cioè una partecipazione autentica al 'Noi' del Padre e del Figlio nello Spirito Santo".

"A partire da questo 'Noi' trinitario che si prolunga nel 'noi' ecclesiale, l’Enciclica si riallaccia in modo del tutto naturale al 'noi' della famiglia che è il luogo per eccellenza di trasmissione della fede. Da un lato, ciò è ben chiaro nell’esperienza del battesimo dei bambini (...) Da un altro lato - ricorda l’Enciclica - sussistono profonde affinità tra la fede e l’amore senza fine che si promettono l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio. (...)
L’Enciclica aggiunge un considerevole sviluppo riguardo la pertinenza della fede per la vita sociale, per l’edificazione della città nella giustizia e nella pace, grazie al rispetto d’ogni persona e della sua libertà, grazie alle risorse di compassione e di riconciliazione da lei offerte per il conforto delle sofferenze e la composizione dei conflitti. (...) La tendenza a confinare la fede nella sfera della vita privata si trova qui confutata in toni pacati, ma in maniera decisiva. Molti aspetti in precedenza sviluppati dalle encicliche sulla carità e la speranza trovano il loro complemento in questa messa in luce della fede come comunione e servizio del bene comune".

"In chiusura - ha concluso il Cardinale - l’Enciclica contempla Maria, la figura per eccellenza della fede, colei che ha ascoltato la Parola e l’ha conservata nel suo cuore, colei che ha seguito Gesù e che si è lasciata trasformare 'entrando nello sguardo del Figlio di Dio incarnato'".

Riprendendo le parole del Santo Padre, l'Arcivescovo Fisichella ha affermato: "'Chi crede, vede'. In questa espressione (...) si può racchiudere l'insegnamento di Papa Francesco in questa sua prima enciclica. Un testo posto nell'orizzonte del binomio luce e amore. Ciò che viene insegnato è un cammino che il Papa propone alla Chiesa per recuperare la sua missione nel mondo di oggi. (...) Presentando la fede, l'enciclica chiede di fissare di nuovo lo sguardo sull'essenziale della Chiesa e di ogni credente. Questo è il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio che nella sua morte e risurrezione ha rivelato l'amore nella sua pienezza e profondità. (...) Partendo dal presupposto che la fede nasce dall'amore, si articola il rapporto tra conoscenza di fede e conoscenza di amore come un binomio inscindibile; dove l'amore, comunque, ha il suo primato indiscusso. La 'luce della fede' si risolve nella 'luce dell'amore'".

L'Arcivescovo Fisichella ha ricordato che la "Lumen fidei" "viene pubblicata nel bel mezzo dell’Anno della fede e, simbolicamente, porta la data del 29 giugno, festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, primi testimoni della fede in questa Chiesa di Roma, dove il successore di Pietro è chiamato al servizio e alla responsabilità di confermare i fratelli nell’unità della fede di sempre. È utile sapere che in prospettiva dell’Anno della fede si era chiesto ripetutamente a Benedetto XVI di scrivere un’enciclica sulla fede che venisse in qualche modo a concludere la triade che egli aveva iniziato con 'Deus caritas est' sull’amore, e 'Spe salvi' sulla speranza. Il Papa non era convinto di dover sottoporsi a questa ulteriore fatica. L'insistenza, tuttavia, ebbe la meglio e Papa Benedetto decise che l’avrebbe scritta per offrirla a conclusione dell’Anno della Fede. La storia ha voluto diversamente. Questa enciclica ci viene offerta oggi da Papa Francesco con forte convinzione e come 'programma' su come continuare a vivere questa esperienza che ha visto tutta la Chiesa impegnata per un anno intero in tante esperienze fortemente significative".

"Bisogna dire, comunque, senza esitazione - ha precisato l'Arcivescovo Fisichella - che 'Lumen fidei', pur riprendendo alcune intuizioni e alcuni contenuti propri del magistero di Benedetto XVI, è pienamente un testo di Papa Francesco. Qui si ritrova il suo stile (...). L’immediatezza delle espressioni usate, la ricchezza delle immagini a cui fa riferimento e la peculiarità di alcune citazioni di autori antichi e moderni fanno di questo testo una vera introduzione al suo magistero (...). Solo come esemplificazione, una lettura attenta di queste pagine mostrerà subito che ritornano con forza tre verbi (...): 'camminare', 'costruire', 'confessare'. Per alcuni versi, si può dire che l’enciclica si struttura su questi tre verbi e ne specifica i contenuti".

"Non sono dimenticate dal Papa - nella "Lumen fidei" - le due scadenze che caratterizzano questo Anno: il cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II, e il ventesimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Per quanto comporta il primo evento - ha commentato il Presule - Papa Francesco ribadisce che è stato 'un concilio sulla fede'" che "aveva lo scopo di riporre al centro della vita della Chiesa il primato di Dio e l’esigenza di dirlo oggi, in una società e cultura differenti, in modo comprensibile e credibile. Per quanto concerne il Catechismo, invece, l’enciclica ribadisce la sua validità come strumento attraverso il quale la Chiesa compie la sua opera di trasmissione della fede con la memoria viva dell’annuncio di Gesù Cristo. Merita di essere sottolineato, inoltre, che proprio in questo contesto Papa Francesco sottolinea il grande valore che possiede la Professione di fede, il 'Credo'". Una preghiera che "consente di sentire la fede come un fatto vivo ed efficace nella vita dei credenti, che spesso sperimentano un analfabetismo ingiustificato circa i contenuti della fede. In queste pagine, viene ribadito il profondo valore che il 'Credo' possiede, non solo per ricordare la sintesi della fede, ma soprattutto per far comprendere l’impegno a cambiare la vita. (...) Chi crede, insomma, è chiamato a vivere responsabilmente nel mondo".

"'Lumen fidei' - ha concluso l'Arcivescovo Fisichella - è un’enciclica con una forte connotazione pastorale. (...) Papa Francesco, con la sua sensibilità di pastore, riesce a tradurre molte questioni di carattere prettamente teologico in tematiche che possono aiutare la riflessione e la catechesi. (...) Nessuno dovrebbe avere paura di guardare ai grandi ideali e di perseguirli. La fede e l’amore sono i primi a dover essere proposti. In un periodo di debolezza culturale come il nostro un simile invito è una provocazione e una sfida che non possono trovarci indifferenti".


STATUA DI SAN MICHELE ARCANGELO IN VATICANO

Città del Vaticano, 5 luglio 2013 (VIS). Questa mattina nei Giardini Vaticani, presso il Palazzo del Governatorato, hanno avuto luogo, alla presenza del Santo Padre Francesco l'inaugurazione di un nuovo monumento a San Michele Arcangelo, dell'artista Giuseppe Antonio Lomuscio, e la consacrazione dello Stato della Città del Vaticano a San Giuseppe e a San Michele Arcangelo. Fra i presenti alla cerimonia il Papa emerito Benedetto XVI, invitato da Papa Francesco, salutato con grande affetto dai presenti e dal personale del Governatorato. I due Pontefici sono rimasti vicini per tutta la cerimonia prendendo posto su due poltrone collocate davanti al monumento.

Dopo un breve saluto del Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato e l'intervento del Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente emerito del Governatorato, il Santo Padre ha pronunciato un breve discorso.

"Nei Giardini Vaticani - ha detto Papa Francesco - ci sono diverse opere artistiche; questa, che oggi si aggiunge, assume però un posto di particolare rilievo, sia per la collocazione, sia per il significato che esprime. Infatti non è solo un’opera celebrativa, ma un invito alla riflessione e alla preghiera, che si inserisce bene nell’Anno della fede. Michele – che significa: 'Chi è come Dio?' – è il campione del primato di Dio, della sua trascendenza e potenza. Michele lotta per ristabilire la giustizia divina; difende il Popolo di Dio dai suoi nemici e soprattutto dal nemico per eccellenza, il diavolo. E san Michele vince perché in Lui è Dio che agisce. Questa scultura ci richiama allora che il male è vinto (...). Nel cammino e nelle prove della vita non siamo soli, siamo accompagnati e sostenuti dagli Angeli di Dio, che offrono, per così dire, le loro ali per aiutarci a superare tanti pericoli, per poter volare alto rispetto a quelle realtà che possono appesantire la nostra vita o trascinarci in basso. Nel consacrare lo Stato Città del Vaticano a San Michele Arcangelo, gli chiediamo che ci difenda dal Maligno e che lo getti fuori (...) Noi consacriamo lo Stato Città del Vaticano anche a San Giuseppe, il custode di Gesù, (...). La sua presenza ci renda ancora più forti e coraggiosi nel fare spazio a Dio nella nostra vita per vincere sempre il male con il bene".

Infine Papa Francesco ha recitato due preghiere di consacrazione, la prima a San Giuseppe e la seconda a San Michele Arcangelo, ha asperso il nuovo monumento ed ha impartito la Benedizione a tutta l'assemblea.


PROMULGAZIONE DI DECRETI

Città del Vaticano, 5 luglio 2013 (VIS). Oggi, 5 luglio 2013, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza privata il Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:


MIRACOLI

- un miracolo attribuito all'intercessione del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła), Vescovo polacco e Sommo Pontefice (1920- 2005);

- un miracolo attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Alvaro del Portillo y Diez de Sollano, Vescovo spagnolo, Prelato della Prelatura Personale della Santa Croce e dell'Opus Dei (1914-1994);

- un miracolo attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Esperanza de Jesús (al secolo: María Josefa Alhama Valera), religiosa spagnola, Fondatrice delle Congregazioni delle Ancelle dell'Amore Misericordioso e dei Figli dell'Amore Misericordioso (1893-1983).


MARTIRIO

- del Servo di Dio José Guardiet y Pujol, Sacerdote diocesano spagnolo, nato nel 1879 e ucciso in odio alla Fede in Spagna il 3 agosto 1936;

- dei Servi di Dio Mauricio Íñiguez de Heredia, religioso spagnolo e 23 Compagni, dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, uccisi in odio alla Fede in Spagna tra il 1936 e il 1937;

- dei Servi di Dio Fortunato Velasco Tobar, sacerdote spagnolo e 13 Compagni, della Congregazione della Missione, uccisi in odio alla Fede in Spagna tra il 1934 e il 1936;

- delle Serve di Dio Maria Asunción (al secolo: Jiuliana González Trujillano) e 2 Compagne, Religiose professe spagnole della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie della Madre del Divin Pastore, uccise in odio alla Fede in Spagna nel 1936.


VIRTÙ EROICHE

- del Servo di Dio Nicola D'Onofrio, Chierico professo italiano dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani), (1943-1964);

- del Servo di Dio Bernard Philippe (al secolo: Jean Fromental Cayroche), religios francese, Fratello professo dell'Istituto delle Scuole Cristiane, Fondatore delle Hermanas Guadalupanas de La Salle (1895-1978);

- della Serva di Dio Maria Isabel da Santissima Trinidade (al secolo: Maria Isabel Picão Caldeira vedova Carneiro), religiosa portoghese, Fondatrice delle Congregazione delle Suore Concezioniste (1889-1962);

- della Serva di Dio Maria del Carmen Rendiles Martínez, venezuelana, Fondatrice delle Ancelle di Gesù, chiamate Siervas de Jesús de Venezuela, (1903-1977);

- del Servo di Dio Giuseppe Lazzati, italiano, Laico consacrato, (1909-1986).

Il Sommo Pontefice ha approvato, infine, i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi circa la canonizzazione del Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) e ha deciso di convocare un Concistoro, che riguarderà anche la canonizzazione del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła).



UDIENZE

Città del Vaticano, 5 luglio 2013 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- Il Cardinale Ennio Antonelli, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

- Il Cardinale Fiorenzo Angelini, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.


Copyright © VIS - Vatican Information Service