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lunedì 26 maggio 2014

ARRIVO DEL PAPA IN ISRAELE: ISRAELIANI E PALESTINESI VIVERE IN PACE E SICUREZZA ENTRO CONFINI INTERNAZIONALMENTE RICONOSCIUTI

Città del Vaticano, 25 maggio 2014 (VIS). Nel primo pomeriggio il Papa si è recato alla Basilica della Natività. Le prime notizie storiche sulla "caverna del presepio di Betlemme" risalgono ad Origene. Nel 326, l'imperatore Costantino fece costruire sul sito una basilica che ricopre la Grotta della Natività con il pavimento rialzato rispetto al terreno. Danneggiata dagli incendi e dalla rivolta dei Samaritani (529), venne restaurata verso il 540. Nel 614, i persiani di Cosroe II invasero la regione ma risparmiarono la Basilica per la presenza degli affreschi che rappresentavano i re Magi in costumi persiani. Nel 638, i musulmani entrarono a Betlemme che passò ai Crociati con l'ingresso di Tancredi nel 1099. Nel 1187 Saladino occupò Gerusalemme e Betlemme ma risparmiò il Santuario. Nel 1192, il vescovo di Salisbury, Hubert Valter, ottenne di ristabilire il culto latino in cambio del pagamento del tributo da parte dei fedeli. Nel 1347, i Francescani ottennero dagli ottomani di ufficiare nella Basilica e il possesso della Grotta e della Basilica. Nel secolo XVI iniziava il periodo delle contestazioni per il possesso del Santuario tra francescani e greci ortodossi, che cambiava mano a secondo del favore che godevano presso la Sublime Porta le nazioni che appoggiavano le due comunità. Con la sconfitta e l'espulsione dei Veneziani da Creta nel 1669, gli ortodossi furono autorizzati a prendere possesso della Grotta e della Basilica. Quest'ultima rimane tuttora di loro proprietà mentre la Grotta della Natività è tornata ai Francescani nel 1690. La Basilica di Santa Caterina, attigua alla Basilica della Natività, è la parrocchia dei latini di Betlemme.

La proprietà dei singoli Luoghi Santi è una vexata questio che oppone da secoli le comunità appartenenti alle tre religioni monoteiste di Terra Santa ed è un tema "caldo" persino per le cancellerie internazionali. Agli inizi del secolo XVII , la lotta tra le comunità bizantina e latina, già accesa, cominciò a subire gli alti e bassi della politica internazionale e delle relazioni tra le potenze dell'epoca: il Sultano di Istanbul che considerava i Luoghi Santi cristiani come proprietà dello Stato, le Repubbliche Marinare italiane che proteggevano i latini, e lo Zar di Russia, tradizionale protettore delle Chiese ortodosse. Alcuni santuari passano da una comunità all'altra, a volte solo in base alle somme di denaro offerte alla Sublime Porta. Nel 1850, una richiesta francese diretta al Sultano per definire la questione provoca un nuovo scontro con la Russia; Istanbul emana allora (1852) un decreto che sancisce il mantenimento della situazione vigente de facto nei vari santuari. Lo "Statu quo" ha congelato praticamente i reclami dei Francescani in merito agli espropri di cui erano stati vittime da secoli e che hanno comportato un caro prezzo in vite umane e in proprietà. Questo editto ottomano è in vigore a tutt'oggi e governa la situazione di alcuni santuari come la Grotta della Natività a Betlemme, il Cenacolo e il Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Recatosi in visita privata alla Grotta della Natività di Betlemme, accedendo attraverso un passaggio interno tra il convento "Casa Nova" e la Basilica greco-ortodossa, Papa Francesco si è raccolto alcuni momenti in preghiera. Quindi è ritornato al Convento "Casa Nova" attraverso lo stesso passaggio interno per una foto con i Frati e per uscire dove si trovava il corteo papale. Successivamente il Papa si è recato al "Phoenix Center" di Betlemme, che sorge all'interno del campo profughi di Dheisheh, costruito grazie ad un dono di Papa Wojtyla, che visitò il campo profughi durante il Pellegrinaggio giubilare dell'Anno 2000. Papa Francesco ha raggiunto il grande auditorium del centro dove alcune centinaia di bambini provenienti dai campi profughi di Dheisheh, Aida e Beit Jibrin, hanno eseguito canti di accoglienza. Un bambino e una bambina hanno consegnato al Papa alcuni disegni, lettere e lavori artigianali. Il Santo Padre ha pregato con i bambini e prima di impartire la sua Benedizione, ha ascoltato un bambino che ha letto una lettera: "Caro Papa Francesco, Siamo i figli della Palestina. Da 66 anni i nostri genitori subiscono l’occupazione. Abbiamo aperto i nostri occhi sotto questa occupazione e abbiamo visto la nakba negli occhi dei nostri nonni, quando hanno lasciato questo mondo. Vogliamo dire al mondo: basta sofferenze e umiliazioni!".

"Non lasciate mai che il passato determini la vostra vita - ha risposto il Papa - Guardate sempre avanti. Lavorate e lottate per ottenere le cose che volete. Però, sappiate una cosa, che la violenza non si vince con la violenza! La violenza si vince con la pace! Con la pace, con il lavoro, con la dignità di far andare avanti la patria!". Infine il Papa ha raggiunto l'eliporto dove il Presidente dello Stato di Palestina si è congedato dal Pontefice, alla presenza della Guardia d'Onore.

Dopo mezz'ora di viaggio Papa Francesco è giunto all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv (Israele), dove è stato accolto dal Presidente della Repubblica di Israele Shimon Perez e dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, dalle Autorità politiche, civili e religiose, dagli Ordinari di Terra Santa e da un gruppo di giovani con un coro. "Vengo pellegrino a 50 anni dallo storico viaggio del Papa Paolo VI - ha ricordato Papa Francesco - Da allora sono cambiate molte cose tra la Santa Sede e lo Stato di Israele: le relazioni diplomatiche, che ormai da un ventennio esistono tra noi, hanno favorito l’accrescersi di rapporti buoni e cordiali, come testimoniano i due Accordi già firmati e ratificati e quello in via di perfezionamento. In questo spirito rivolgo il mio saluto a tutto il popolo d’Israele ed auguro che si realizzino le sue aspirazioni di pace e prosperità".

"Sulle orme dei miei Predecessori sono giunto come pellegrino in Terra Santa, dove si è dispiegata una storia plurimillenaria e sono accaduti i principali eventi legati alla nascita e allo sviluppo delle tre grandi religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam; perciò essa è punto di riferimento spirituale per tanta parte dell’umanità. Auspico dunque - ha proseguito il Pontefice - che questa Terra benedetta sia un luogo in cui non vi sia alcuno spazio per chi, strumentalizzando ed esasperando il valore della propria appartenenza religiosa, diventa intollerante e violento verso quella altrui. Durante questo mio pellegrinaggio in Terra Santa visiterò alcuni luoghi tra i più significativi di Gerusalemme, città di valore universale. Gerusalemme significa 'città della pace'. Così la vuole Dio e così desiderano che sia tutti gli uomini di buona volontà. Ma purtroppo questa città è ancora tormentata dalle conseguenze di lunghi conflitti. Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione. Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo scopo di giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che Israeliani e Palestinesi possano vivere in pace. Bisogna intraprendere sempre con coraggio e senza stancarsi la via del dialogo, della riconciliazione e della pace. Non ce n’è un’altra".

"Pertanto rinnovo l’appello che da questo luogo rivolse Benedetto XVI (2009): sia universalmente riconosciuto che lo Stato d’Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. La 'soluzione di due Stati' diventi realtà e non rimanga un sogno".

"Un momento particolarmente toccante del mio soggiorno nel vostro Paese sarà la visita al Memoriale di 'Yad Vashem', a ricordo dei sei milioni di ebrei vittime della 'Shoah', tragedia che rimane come simbolo di dove può arrivare la malvagità dell’uomo quando, fomentata da false ideologie, dimentica la dignità fondamentale di ogni persona, la quale merita rispetto assoluto qualunque sia il popolo a cui appartiene e la religione che professa. Prego Dio che non accada mai più un tale crimine, di cui sono state vittime in primo luogo ebrei e anche tanti cristiani e altri. Sempre memori del passato, promuoviamo un’educazione in cui l’esclusione e lo scontro lascino il posto all’inclusione e all’incontro, dove non ci sia posto per l’antisemitismo, in qualsiasi forma si manifesti, e per ogni espressione di ostilità, discriminazione o intolleranza verso persone e popoli".

"Con cuore profondamente addolorato - ha detto il Santo Padre - penso a quanti hanno perso la vita nell'efferato attentato avvenuto ieri a Bruxelles. Non rinnovare la mia viva deplorazione per tale criminoso atto di odio antisemita, affido a Dio Misericordioso le vittime e invoco la guarigione per i feriti".

"La brevità del viaggio limita inevitabilmente le possibilità di incontro. Vorrei da qui salutare tutti i cittadini israeliani ed esprimere loro la mia vicinanza, in particolare a chi vive a Nazareth e in Galilea, dove sono presenti anche tante comunità cristiane". A conclusione del suo discorso il Papa si è rivolto ai Vescovi e ai fedeli cristiani incoraggiandoli "a proseguire con fiducia e speranza la loro serena testimonianza a favore della riconciliazione e del perdono, seguendo l’insegnamento e l’esempio del Signore Gesù, che ha dato la vita per la pace tra l’uomo e Dio, tra fratello e fratello. Siate fermento di riconciliazione, portatori di speranza, testimoni di carità. Sappiate che siete sempre nelle mie preghiere".

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