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lunedì 9 giugno 2014

LA CHIESA PROPONGA UNA GIUSTIZIA UMANIZZANTE CHE PORTI L'AUTORE DEL REATO AL SUO TOTALE REINSERIMENTO

Città del Vaticano, 7 giugno 2014 (VIS). Il 30 maggio scorso, il Santo Padre ha indirizzato un Messaggio ai partecipanti al XIX Congresso Internazionale dell'Associazione Internazionale di Diritto Penale e al III Congresso dell'Associazione Latinoamericana di Diritto Penale e Criminologia, tenutosi la settimana scorsa a Buenos Aires (Argentina). Nel corso dell'assise sono state scambiate alcune idee "che fanno parte del tesoro della Scrittura e dell'esperienza millenaria del Popolo di Dio" e "Nonostante i mutamenti storici tre elementi sono rimasti costanti: la riparazione o soddisfazione del male commesso; la confessione con cui l'uomo esprime la sua conversione interiore e la contrizione per pervenire all'incontro con l'amore misericordioso e risanatore di Dio".

Riferendosi alla prima, la soddisfazione, Papa Francesco osserva che "il Signore poco alla volta ha insegnato al suo popolo che vi è una necessaria asimmetria tra il delitto e la pena, che un occhio o un dente rotto non si rimedia rompendone un altro. Si tratta di rendere giustizia alla vittima, non di giustiziare l'aggressore" e spiega che: "Nelle nostre società si tende a pensare che i crimini siano risolti quando si cattura e si condanna l'autore del reato, ignorando i crimini commessi, e senza prestare sufficiente attenzione alla situazione nella quale sono lasciate le vittime. Ma sarebbe un errore identificare la riparazione solo con la punizione, confondere la giustizia con la vendetta, che contribuirebbe soltanto ad accrescere la violenza, anche se istituzionalizzata. L'esperienza ci dice che l'aumento e l'inasprimento delle pene spesso non risolve i problemi sociali, né riesce a diminuire i tassi di criminalità, ma può causare seri problemi alle società, come le carceri sovraffollate o i prigionieri detenuti senza processo".

"Al riguardo - prosegue il Pontefice - i mezzi di comunicazione ricoprono un ruolo fondamentale ed hanno una grande responsabilità: da essi dipende informare correttamente e non creare allarme sociale o panico quando si riportano notizie di fatti criminosi. Sono in gioco la vita e la dignità delle persone che non possono diventare soggetti di pubblicità, a volte anche morbosi, condannando i presunti colpevoli al discredito sociale prima di essere giudicati o costringendo le vittime a rivivere pubblicamente, a fini sensazionalistici, il dolore subito".

Il secondo aspetto, la confessione è "l'atteggiamento di chi riconosce e si pente della sua colpa. Se non si aiuta in modo adeguato l'autore del reato, non gli si offre l'opportunità di convertirsi, egli finisce con l'essere una vittima del sistema... Dobbiamo andare avanti e fare tutto il possibile per correggere, migliorare ed educare l'uomo a maturare da tutti i punti di vista, senza scoraggiarsi, affrontando il male commesso e ripensando la sua vita senza lasciarsi schiacciare dalle sue miserie... E dobbiamo chiederci perché alcuni cadono ed altri no, trovandosi nella stessa condizione. Non di rado il reato affonda le sue radici nelle disuguaglianze economiche e sociali, nelle reti di corruzione e di criminalità organizzata, in cerca di complici fra i più potenti, le cui vittime sono fra i più vulnerabili. Per evitare questo flagello, non basta avere leggi giuste, è necessario formare persone responsabili e capaci di attuare le leggi. Una società governata solo dalle regole del mercato crea false aspettative e necessità superflue, e scarta quanti non sono all'altezza e impedisce che i lenti, i deboli e i meno dotati si facciano strada nella vita".

Infine, la contrizione è "l'anticamera del pentimento, via privilegiata che conduce al cuore di Dio, che ci accoglie e ci offre un'altra possibilità, se ci apriamo alla verità della penitenza e ci lasciamo trasformare dalla sua misericordia... L'atteggiamento di Dio che previene l'uomo peccatore offrendogli il suo perdono, si presenta così come una giustizia superiore, al tempo stesso leale e compassionevole, senza alcuna contraddizione tra questi due aspetti. Il perdono, infatti, non elimina né diminuisce la necessità dell'emendazione, propria della giustizia, né prescinde dalla necessità della conversione personale, ma va oltre, cercando di ristabilire i rapporti e di reintegrare le persone nella società".

"Qui - conclude il Papa - mi sembra che sia grande la sfida, che tutti dobbiamo affrontare, perché le misure contro il male non si limitino a reprimere, dissuadere, o isolare coloro che lo commettono, ma aiutino a riconvertirsi, a percorrere le vie del bene, ad essere persone autentiche lontane dalle proprie miserie, che diventano esse stesse misericordiose. Pertanto la Chiesa deve proporre una giustizia umanizzante, genuinamente riconciliata, una giustizia che porti l'autore del reato, lungo una strada rieducativa e di attiva penitenza, alla riabilitazione e al totale reinserimento nella società. Quanto importante e bello sarebbe accogliere questa sfida, perché non cada nell'oblio. È positivo che si facciano i passi necessari perché il perdono non si limiti unicamente alla sfera privata, ma raggiunga una vera dimensione politica e istituzionale creando relazioni di convivenza armoniosa".

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