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Il Vatican Information Service (VIS), istituito nell'ambito della Sala Stampa della Santa Sede, è un bollettino telematico che diffonde notizie relative all'attività magistrale e pastorale del Santo Padre e della Curia Romana...

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giovedì 24 aprile 2014

UDIENZA AL PRIMO MINISTRO DELLA REPUBBLICA DI ALBANIA

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). Nella mattinata di oggi, giovedì 24 aprile 2014, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Primo Ministro della Repubblica di Albania, il Signor Edi Rama, che successivamente ha incontrato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, accompagnato dall’Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nei cordiali colloqui si sono rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica d’Albania e sono stati affrontati temi di comune interesse attinenti alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile, tra i quali il dialogo interreligioso ed il contributo della Chiesa per il bene comune della società albanese. Nel proseguo dei colloqui, ci si è soffermati sulle principali questioni regionali e sul cammino dell’Albania verso la piena integrazione nell’Unione Europea.

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). Padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha rilasciato questa mattina la seguente dichiarazione:

"Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del Papa Francesco.

Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del Papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della Sala Stampa.

Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione.

È perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa".

BUDDISTI E CRISTIANI: PROMUOVIAMO INSIEME LA CRESCITA DELLA FRATERNITÀ

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). Un Messaggio, a firma del Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e del Padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio, è stato indirizzato ai Buddisti in occasione della festa di Vesakh/Hanamatsuri 2014.

Il Vesakh, la più importante festività per i Buddisti, commemora i tre avvenimenti fondamentali della vita di Gautama Buddha. Secondo la tradizione, il Buddha storico nacque, ebbe l'illuminazione e disparve raggiungendo il Nirvana durante la luna piena del mese di maggio. La festa del Vesakh/Hanamatsuri 2014, nei vari paesi di cultura buddista, è celebrata in date diverse, secondo le differenti tradizioni. In questi giorni i Buddisti decorano le loro case con fiori e le profumano con incenso, visitano i templi locali, ascoltano gli insegnamenti dei monaci e offrono loro dei doni.

Il messaggio di quest'anno s'intitola: "Buddisti e Cristiani: promuoviamo insieme la crescita della fraternità". Di seguito riportiamo ampi estratti del testo:

"I nostri auguri si ispirano quest’anno al Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2014, intitolato 'Fraternità, fondamento e via per la pace', in cui egli osserva che: 'la fraternità è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura'.

La vostra tradizione religiosa ispira la convinzione che le relazioni amichevoli, il dialogo, lo scambio di doni, ed il rispettoso ed armonioso scambio di vedute portano ad un atteggiamento di cortesia e di amore, che a sua volta genera relazioni autentiche e fraterne. Siete altresì convinti che le radici di ogni male siano l’ignoranza e l’incomprensione nate dall’avidità e dall’odio che, a loro volta, distruggono i legami di fraternità. Sfortunatamente, 'l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie' ci impedisce di vedere gli altri 'come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono'.

Noi buddisti e cristiani viviamo in un mondo troppo spesso lacerato da oppressione, egoismo, tribalismo, rivalità etniche, violenza e fondamentalismo religioso, un mondo dove 'l’altro' è trattato come un essere inferiore, una non- persona, o qualcuno da temere e, se possibile, da eliminare. Tuttavia, noi siamo chiamati, in spirito di collaborazione con altri pellegrini e con le persone di buona volontà, a rispettare e difendere la nostra comune umanità nella varietà dei contesti socio-economici, politici e religiosi. Attingendo alle nostre differenti convinzioni religiose, siamo chiamati in particolare ad essere franchi nel denunciare tutti i mali sociali che danneggiano la fraternità; ad essere curatori, che aiutano gli altri a crescere nella generosità disinteressata, e ad essere riconciliatori, che abbattono i muri di divisione e promuovono nella società una vera fraternità fra singoli e gruppi.

Nel mondo odierno si assiste a una crescita del senso della nostra comune umanità e ad una ricerca globale di un mondo più giusto, pacifico e fraterno. Ma la realizzazione di queste speranze dipende dal riconoscimento di valori universali. Noi speriamo che il dialogo interreligioso, riconoscendo dei principi fondamentali di etica universale, possa contribuire a promuovere un rinnovato e profondo senso di unità e di fraternità fra tutti i membri della famiglia umana. Davvero, 'ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano della pace, unendo e non dividendo, estinguendo l'odio e non conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri! Dialogare, incontrarci per instaurare nel mondo la cultura del dialogo, la cultura dell’incontro'.

Per costruire un mondo fraterno, è di vitale importanza che uniamo le forze per educare le persone, in particolare i giovani, a cercare fraternità, a vivere in fraternità e ad avere il coraggio di costruire fraternità. Preghiamo che la celebrazione di Vesakh sia un’occasione per riscoprire e promuovere nuovamente la fraternità, specialmente nelle nostre società divise".

PAPA FRANCESCO: NON CERCATE TRA I MORTI COLUI CHE È VIVO

Città del Vaticano, 23 aprile 2014 (VIS). "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?". Con questa domanda il Santo Padre ha iniziato questa mattina, festa di San Giorgio, suo giorno onomastico, la prima catechesi dell'Udienza Generale dopo la Settimana Santa. "Quante volte - ha ricordato Papa Francesco - noi cerchiamo la vita fra le cose morte, fra le cose che non possono dare vita, fra le cose che oggi sono e domani non saranno più, le cose che passano ...".

Abbiamo bisogno di ricordare questa frase, ha ribadito il Papa, "quando ci chiudiamo in una qualsiasi forma di egoismo o di auto compiacimento; quando ci lasciamo sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo, dimenticando Dio e il prossimo: quando poniamo le nostre speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo". Al pari dell'apostolo Tommaso, di Maria di Magdala e dei due discepoli di Emmaus, che non riconoscono il Signore, anche per noi: "Non è facile essere aperti a Gesù. Non è scontato accettare la vita del Risorto e la sua presenza in mezzo a noi".

"Questa domanda - ha continuato il Papa - ci fa superare la tentazione di guardare indietro, a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro. (...) Oggi viene rivolto anche a noi questo interrogativo. Tu, perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che ti chiudi in te stesso dopo un fallimento e tu che non hai più la forza di pregare? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo, tu che ti senti solo, abbandonato dagli amici e forse anche da Dio? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che hai perso la speranza e tu che ti senti imprigionato dai tuoi peccati? Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che aspiri alla bellezza, alla perfezione spirituale, alla giustizia, alla pace?",

"Abbiamo bisogno di sentirci ripetere e di ricordarci a vicenda l'ammonimento dell'angelo! - ha concluso Papa Francesco - Questo ammonimento, 'Perché cercate tra i morti colui che è vivo', ci aiuta ad uscire dai nostri spazi di tristezza e ci apre agli orizzonti della gioia e della speranza. Quella speranza che rimuove le pietre dai sepolcri e incoraggia ad annunciare la Buona Novella, capace di generare vita nuova per gli altri. (...) Non andiamo da tanti sepolcri che oggi ti promettono qualcosa, bellezza, e poi non ti danno niente!".

PREOCCUPAZIONE DEL PAPA PER QUANTI PERDONO IL LAVORO

Città del Vaticano, 23 aprile 2014 (VIS). Al termine dell'Udienza Generale il Santo Padre ha lanciato un appello rivolto agli operai delle Acciaierie Lucchini di Piombino, fabbrica che, a causa della crisi, da pochi giorni ha chiuso l'altoforno, lasciando i dipendenti senza lavoro. Papa Francesco ha esortato gli operai a non scoraggiarsi dicendo: "Il Papa è accanto a voi e prega per voi affinché quando si spengono le speranze umane rimanga sempre accesa la speranza divina che non delude mai". A tutti i responsabili, il Papa ha chiesto "di compiere ogni sforzo di creatività e di generosità per riaccendere la speranza nei cuori di questi nostri fratelli e nel cuore di tutte le persone disoccupate a causa dello spreco e della crisi economica. Per favore, aprite gli occhi e non rimanete con le braccia incrociate!".

PRESA DI POSSESSO DEL CARDINALE NAKELLENTUBA OUÉDRAOGO

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione della seguente Presa di Possesso:

Domenica 27 aprile 2014, alle ore 18:00, il Cardinale Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso), prenderà possesso del Titolo di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino, Via Casal Bertone, 80.

UDIENZE

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:

- Quattordici Presuli della Conferenza Episcopale del Sud Africa, in Visita “ad Limina Apostolorum”:

- L'Arcivescovo Jabulani Adatus Nxumalo, O.M.I., di Bloemfontaine.

- Il Vescovo Jan de Groef, M.Afr., di Bethlehem.

- Il Vescovo Edward Gabriel Risi, O.M.I., di Keimoes-Upington.

- Il Vescovo Abel Gabuza, di Kimberley.

- Il Vescovo Peter John Holiday, di Kroonstad.

- L'Arcivescovo Stephen Brislin, di Cape Town.

- Il Vescovo Michael Wüsternberg, di Aliwal.

- Il Vescovo Adam Leszek Musiałek, S.C.I., di De Aar.

- Il Vescovo Francisco Fortunato De Gouveia, di Oudtshoorn.

- Il Vescovo Vincent Mduduzi Zungu, O.F.M., di Port Elizabeth.

- Il Vescovo Dabula Anton Mpako, di Queenstown.

- Il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban, con l'Ausiliare Vescovo Barry Alexander Anthony Wood, O.M.I.

- Il Vescovo Thomas Graham Rose, di Dundee.

- Il Vescovo Lazzaro You Heung-sik, Vescovo di Daejeon (Corea).

- Il Cardinale Beniamino Stella, Prefetto per la Congregazione per il Clero.

ALTRI ATTI PONTIFICI

Città del Vaticano, 24 aprile 2014 (VIS). Venerdì 18 aprile il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale di Montevergine (Italia), presentata dal Padre Abate Dom Umberto Beda Paluzzi, O.S.B., in conformità al canone 401, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico.

Giovedì 17 aprile il Santo Padre ha nominato:

- Il Reverendo José Augusto Traquina Maria, Vescovo Ausiliare del Patriarcato di Lisboa (superficie: 3.735; popolazione: 2.237.000; cattolici: 1.871.000; sacerdoti: 551; religiosi: 1.516; diaconi permanenti: 86), Portogallo. Il Vescovo eletto è nato nel 1954 ad Alcobaça (Portogallo) ed è stato ordinato sacerdote nel 1985 per il Patriarcato di Lisboa, dove ha ricoperto i seguenti incarichi: dal 1984 al 1992 Membro dell’Equipe di Formazione del Seminario Maggiore di Almada; dal 1992 al 2007 Assistente religioso degli scouts ad Alcobaça e del gruppo Ovest del Corpo Nazionale di Scoutismo; Parroco della Chiesa del Santissimo Salvatore a Bombarral e del Sacratissimo Cuore di Gesù a Vale Côvo; dal 2003 Canonico della Cattedrale di Lisboa; dal 2011 Vicario foraneo del Decanato di Lisboa III e Coordinatore del Segretariato Permanente del Consiglio Presbiterale Diocesano; dal 2012 Direttore Spirituale del Seminario Maggiore di Cristo Re (Olivais) del Patriarcato di Lisboa. È stato finora Parroco della Parrocchia Nossa Senhora do Amparo, a Benfica, Patriarcato di Lisboa.

- Il Canonico Francisco José Villas-Boas Senra de Faria Coelho, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Braga (superficie: 2.857; popolazione: 964.800; cattolici: 886.700; sacerdoti: 465; religiosi: 676; diaconi permanenti: 12), Portogallo. Il Vescovo eletto è nato nel 1961 in Mozambico da una famiglia portoghese ed è stato ordinato sacerdote nel 1986. Nel corso del ministero sacerdotale, è stato Docente presso l’Istituto Superiore di Teologia di Évora; Canonico della Cattedrale; Direttore Spirituale dei Corsi di Cristianità e del Movimento del Messaggio di Fátima; Assistente Religioso e Collaboratore della Radio Renascença. È stato finora Parroco delle Parrocchie Nossa Senhora de Fátima, São Marcos e Nossa Senhora da Consolação, nell’arcidiocesi di Évora e Membro del Consiglio Presbiterale.

- Il Reverendo José Trinidad Fernández Angulo, Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Caracas (superficie: 991; popolazione: 4.644.000; cattolici: 3.960.000; sacerdoti: 490; religiosi: 1.597; diaconi permanenti: 9), Venezuela. Il Vescovo eletto è nato nel 1964 a Mérida (Venezuela) ed stato ordinato sacerdote nel 1989. Nell'arcidiocesi di Mérida è stato Professore nel Seminario Minore, Assessore arcidiocesano per la pastorale giovanile e vocazionale, Direttore degli Studi del Seminario Maggiore e Vicerettore dello stesso. Nell'arcidiocesi di Caracas ha svolto i seguenti incarichi: Vicerettore del Seminario San José, Vicerettore per la Filosofia del Seminario Maggiore Santa Rosa de Lima, Direttore per la ricerca dell'Università Santa Rosa de Lima, Formatore e poi Vicerettore del Seminario Maggiore Santa Rosa de Lima, e, dal 2009, Rettore del medesimo.

SETTIMANA SANTA

SANTA MESSA DEL CRISMA: UNTI CON L'OLIO DI GIOIA

Città del Vaticano, 17 aprile 2014 (VIS). Alle 9:30 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto la Santa Messa Crismale, che si celebra oggi Giovedì Santo, in tutte le Chiese Cattedrali. La Messa del Crisma è stata concelebrata dal Santo Padre con i Cardinali, i Vescovi ed i Presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, i sacerdoti hanno rinnovato le promesse fatte al momento della Sacra ordinazione; quindi sono stati benedetti l’olio degli infermi, l’olio dei catecumeni e il crisma. Dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato la seguente omelia:

"Nell’Oggi del Giovedì Santo, in cui Cristo ci amò fino all’estremo, facciamo memoria del giorno felice dell’Istituzione del sacerdozio e di quello della nostra Ordinazione sacerdotale. Il Signore ci ha unto in Cristo con olio di gioia e questa unzione ci invita a ricevere e a farci carico di questo grande dono: la gioia, la letizia sacerdotale. La gioia del sacerdote è un bene prezioso non solo per lui ma anche per tutto il popolo fedele di Dio: quel popolo fedele in mezzo al quale è chiamato il sacerdote per essere unto e al quale è inviato per ungere.

Unti con olio di gioia per ungere con olio di gioia. La gioia sacerdotale ha la sua fonte nell’Amore del Padre, e il Signore desidera che la gioia di questo Amore 'sia in noi' e 'sia piena'. A me piace pensare la gioia contemplando la Madonna: Maria, la 'madre del Vangelo vivente, è sorgente di gioia per i piccoli', e credo che non esageriamo se diciamo che il sacerdote è una persona molto piccola: l’incommensurabile grandezza del dono che ci è dato per il ministero ci relega tra i più piccoli degli uomini. Il sacerdote è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge. Nessuno è più piccolo di un sacerdote lasciato alle sue sole forze; perciò la nostra preghiera di difesa contro ogni insidia del Maligno è la preghiera di nostra Madre: sono sacerdote perché Lui ha guardato con bontà la mia piccolezza. E a partire da tale piccolezza accogliamo la nostra gioia. Gioia nella nostra piccolezza!

Trovo tre caratteristiche significative nella nostra gioia sacerdotale: è una gioia che ci unge (non che ci rende untuosi, sontuosi e presuntuosi), è una gioia incorruttibile ed è una gioia missionaria che si irradia a tutti e attira tutti, cominciando alla rovescia: dai più lontani.

Una gioia che ci unge. Vale a dire: è penetrata nell’intimo del nostro cuore, lo ha configurato e fortificato sacramentalmente. I segni della liturgia dell’ordinazione ci parlano del desiderio materno che ha la Chiesa di trasmettere e comunicare tutto ciò che il Signore ci ha dato: l’imposizione delle mani, l’unzione con il santo Crisma, il rivestire con i paramenti sacri, la partecipazione immediata alla prima Consacrazione… La grazia ci colma e si effonde integra, abbondante e piena in ciascun sacerdote. Unti fino alle ossa… e la nostra gioia, che sgorga da dentro, è l’eco di questa unzione.

Una gioia incorruttibile. L’integrità del Dono, alla quale nessuno può togliere né aggiungere nulla, è fonte incessante di gioia: una gioia incorruttibile, che il Signore ha promesso che nessuno potrà togliercela. Può essere addormentata o soffocata dal peccato o dalle preoccupazioni della vita ma, nel profondo, rimane intatta come la brace di un ceppo bruciato sotto le ceneri, e sempre può essere rinnovata. La raccomandazione di Paolo a Timoteo rimane sempre attuale: Ti ricordo di ravvivare il fuoco del dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani.
Una gioia missionaria. Questa terza caratteristica la voglio condividere e sottolineare in modo speciale: la gioia del sacerdote è posta in intima relazione con il santo popolo fedele di Dio perché si tratta di una gioia eminentemente missionaria. L’unzione è in ordine a ungere il santo popolo fedele di Dio: per battezzare e confermare, per curare e consacrare, per benedire, per consolare ed evangelizzare.

E poiché è una gioia che fluisce solo quando il pastore sta in mezzo al suo gregge (anche nel silenzio della preghiera, il pastore che adora il Padre è in mezzo alle sue pecorelle) e per questo è una 'gioia custodita' da questo stesso gregge. Anche nei momenti di tristezza, in cui tutto sembra oscurarsi e la vertigine dell’isolamento ci seduce, quei momenti apatici e noiosi che a volte ci colgono nella vita sacerdotale (e attraverso i quali anch’io sono passato), persino in questi momenti il popolo di Dio è capace di custodire la gioia, è capace di proteggerti, di abbracciarti, di aiutarti ad aprire il cuore e ritrovare una gioia rinnovata.

'Gioia custodita' dal gregge e custodita anche da tre sorelle che la circondano, la proteggono, la difendono: sorella povertà, sorella fedeltà e sorella obbedienza.

La gioia del sacerdote è una gioia che ha come sorella la povertà. Il sacerdote è povero di gioia meramente umana: ha rinunciato a tanto! E poiché è povero, lui, che dà tante cose agli altri, la sua gioia deve chiederla al Signore e al popolo fedele di Dio. Non deve procurarsela da sé. Sappiamo che il nostro popolo è generosissimo nel ringraziare i sacerdoti per i minimi gesti di benedizione e in modo speciale per i Sacramenti. Molti, parlando della crisi di identità sacerdotale, non tengono conto che l’identità presuppone appartenenza. Non c’è identità – e pertanto gioia di vivere – senza appartenenza attiva e impegnata al popolo fedele di Dio. Il sacerdote che pretende di trovare l’identità sacerdotale indagando introspettivamente nella propria interiorità forse non trova altro che segnali che dicono 'uscita': esci da te stesso, esci in cerca di Dio nell’adorazione, esci e dai al tuo popolo ciò che ti è stato affidato, e il tuo popolo avrà cura di farti sentire e gustare chi sei, come ti chiami, qual è la tua identità e ti farà gioire con il cento per uno che il Signore ha promesso ai suoi servi. Se non esci da te stesso, l’olio diventa rancido e l’unzione non può essere feconda. Uscire da sé stessi richiede spogliarsi di sé, comporta povertà.

La gioia sacerdotale è una gioia che ha come sorella la fedeltà. Non tanto nel senso che saremmo tutti 'immacolati' (magari con la grazia di Dio lo fossimo!) perché siamo peccatori, ma piuttosto nel senso di una sempre nuova fedeltà all’unica Sposa, la Chiesa. Qui è la chiave della fecondità. I figli spirituali che il Signore dà ad ogni sacerdote, quelli che ha battezzato, le famiglie che ha benedetto e aiutato a camminare, i malati che sostiene, i giovani con cui condivide la catechesi e la formazione, i poveri che soccorre… sono questa 'Sposa' che egli è felice di trattare come prediletta e unica amata e di esserle sempre nuovamente fedele. È la Chiesa viva, con nome e cognome, di cui il sacerdote si prende cura nella sua parrocchia o nella missione affidatagli, è essa che gli dà gioia quando le è fedele, quando fa tutto ciò che deve fare e lascia tutto ciò che deve lasciare pur di rimanere in mezzo alle pecore che il Signore gli ha affidato.

La gioia sacerdotale è una gioia che ha come sorella l’obbedienza. Obbedienza alla Chiesa nella Gerarchia che ci dà, per così dire, non solo l’ambito più esterno dell’obbedienza: la parrocchia alla quale sono inviato, le facoltà del ministero, quell’incarico particolare… bensì anche l’unione con Dio Padre, dal quale deriva ogni paternità. Ma anche l’obbedienza alla Chiesa nel servizio: disponibilità e prontezza per servire tutti, sempre e nel modo migliore, a immagine di 'Nostra Signora della prontezza', che accorre a servire sua cugina e sta attenta alla cucina di Cana, dove manca il vino. La disponibilità del sacerdote fa della Chiesa la Casa dalle porte aperte, rifugio per i peccatori, focolare per quanti vivono per strada, casa di cura per i malati, campeggio per i giovani, aula di catechesi per i piccoli della prima Comunione… Dove il popolo di Dio ha un desiderio o una necessità, là c’è il sacerdote che sa ascoltare (ob-audire) e sente un mandato amoroso di Cristo che lo manda a soccorrere con misericordia quella necessità o a sostenere quei buoni desideri con carità creativa.

Colui che è chiamato sappia che esiste in questo mondo una gioia genuina e piena: quella di essere preso dal popolo che uno ama per essere inviato ad esso come dispensatore dei doni e delle consolazioni di Gesù, l’unico Buon Pastore che, pieno di profonda compassione per tutti i piccoli e gli esclusi di questa terra, affaticati e oppressi come pecore senza pastore, ha voluto associare molti al suo ministero per rimanere e operare Lui stesso, nella persona dei suoi sacerdoti, per il bene del suo popolo.

In questo Giovedì Santo chiedo al Signore Gesù che faccia scoprire a molti giovani quell’ardore del cuore che fa ardere la gioia appena uno ha la felice audacia di rispondere con prontezza alla sua chiamata.

In questo Giovedì Santo chiedo al Signore Gesù che conservi il brillare gioioso negli occhi dei nuovi ordinati, che partono per 'mangiarsi' il mondo, per consumarsi in mezzo al popolo fedele di Dio, che gioiscono preparando la prima omelia, la prima Messa, il primo Battesimo, la prima Confessione… È la gioia di poter condividere – meravigliati – per la prima volta come unti, il tesoro del Vangelo e sentire che il popolo fedele ti torna ad ungere in un’altra maniera: con le loro richieste, porgendoti il capo perché tu li benedica, stringendoti le mani, avvicinandoti ai loro figli, chiedendo per i loro malati… Conserva Signore nei tuoi giovani sacerdoti la gioia della partenza, di fare ogni cosa come nuova, la gioia di consumare la vita per te.

In questo Giovedì sacerdotale chiedo al Signore Gesù di confermare la gioia sacerdotale di quelli che hanno parecchi anni di ministero. Quella gioia che, senza scomparire dagli occhi, si posa sulle spalle di quanti sopportano il peso del ministero, quei preti che già hanno tastato il polso al lavoro, raccolgono le loro forze e si riarmano: 'cambiano aria', come dicono gli sportivi. Conserva Signore la profondità e la saggia maturità della gioia dei preti adulti. Sappiano pregare come Neemia: 'la gioia del Signore è la mia forza'.

Infine, in questo Giovedì sacerdotale, chiedo al Signore Gesù che risplenda la gioia dei sacerdoti anziani, sani o malati. È la gioia della Croce, che promana dalla consapevolezza di avere un tesoro incorruttibile in un vaso di creta che si va disfacendo. Sappiano stare bene in qualunque posto, sentendo nella fugacità del tempo il gusto dell’eterno (Guardini). Sentano, Signore, la gioia di passare la fiaccola, la gioia di veder crescere i figli dei figli e di salutare, sorridendo e con mitezza, le promesse, in quella speranza che non delude".

SANTA MESSA "NELLA CENA DEL SIGNORE" AL CENTRO DON GNOCCHI

Città del Vaticano, 17 aprile 2014 (VIS). Alle 17:00 di oggi pomeriggio, il Santo Padre Francesco ha lasciato il Vaticano per recarsi al Centro "Santa Maria della Provvidenza" della Fondazione Don Gnocchi, dove, alle 17:30, ha celebrato la Santa Messa "nella Cena del Signore", inizio del Triduo Pasquale. Nella celebrazione del Giovedì Santo viene sottolineato l'annuncio del comandamento della carità e il gesto di amore e di umiltà della lavanda dei piedi. Quando era Cardinale Arcivescovo di Buenos Aires, il Papa soleva celebrare la Messa "nella Cena del Signore" in un ospedale, in un carcere o in un centro di accoglienza per poveri ed emarginati. La Fondazione Don Gnocchi assiste persone colpite da ogni forma di disabilità, fisica e psichica.

Alla celebrazione, che si è tenuta nella Chiesa del Centro, hanno partecipato gli ospiti accompagnati dai loro familiari, gli operatori e i volontari e il personale responsabile. Nel corso della Santa Messa, Papa Francesco ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a 12 disabili, di diversa età, etnia e confessione religiosa, in rappresentanza di tutti i pazienti assistiti nei 29 Centri operativi in Italia. Il Santo Padre ha spiegato brevemente il significato del gesto della lavanda dei piedi che stava per compiere, con queste parole:

"Abbiamo sentito quello che Gesù ha fatto, nell’Ultima Cena: è un gesto di congedo. È come l’eredità che ci lascia. Lui è Dio e si è fatto servo, servitore nostro. E questa è l’eredità: anche voi dovete essere servitori gli uni degli altri. E Lui ha fatto questa strada per amore: anche voi dovete amarvi ed essere servitori e nell’amore. Questa è l’eredità che ci lascia Gesù. E fa questo gesto di lavare i piedi, che è un gesto simbolico: lo facevano gli schiavi, i servi ai commensali, alla gente che veniva a pranzo, a cena perché in quel tempo le strada erano tutte di terra e quando entravano in casa era necessario lavarsi i piedi. E Gesù fa un gesto, un lavoro, un servizio di schiavo, di servo. E questo lo lascia come eredità tra noi. Noi dobbiamo essere servitori gli uni degli altri. E per questo, la Chiesa, nel giorno di oggi, che si commemora l’Ultima Cena, quando Gesù ha istituito l’Eucaristia, anche fa, nella cerimonia, questo gesto di lavare i piedi, che ci ricorda che noi dobbiamo essere servi gli uni degli altri. Adesso io farò questo gesto, ma tutti noi, nel cuore nostro, pensiamo agli altri e pensiamo nell’amore che Gesù ci dice che dobbiamo avere per gli altri, e pensiamo anche come possiamo servirle meglio, le altre persone. Perché così Gesù ha voluto da noi."

VIA CRUCIS: UNA CROCE GLORIOSA COME L'ALBA DI UNA NOTTE LUNGA

Città del Vaticano, 18 aprile 2014 (VIS). Alle 21:15 di oggi, Venerdì Santo, il Santo Padre ha presieduto la Via Crucis al Colosseo, alla quale, alla luce di candele e fiaccole, tutti gli anni partecipano migliaia di fedeli. Dalla terrazza del Palatino, il Santo Padre ha ascoltato le riflessioni che accompagnavano le quattordici stazioni, dedicate quest'anno alla crisi economica, all'immigrazione, alla povertà, alla condizione della donna e degli emarginati nel mondo attuale.... Un lavoratore ed un datore di lavoro, due stranieri, due persone senza fissa dimora, due detenuti, due membri di una comunità di recupero, due ammalati, due bambini, una famiglia, due anziani, due religiosi, i Custodi di Terra Santa, nella prima ed ultima stazione e il Cardinale Agostino Vallini, Arcivescovo di Roma, hanno portato la Croce lungo le 14 stazioni.

Al termine, anche se non era previsto, il Papa ha rivolto alcune parole ai partecipanti ed ha detto: "Dio ha messo sulla Croce di Gesù tutto il peso dei nostri peccati, tutte le ingiustizie perpetrate da ogni Caino contro suo fratello, tutta l’amarezza del tradimento di Giuda e di Pietro, tutta la vanità dei prepotenti, tutta l’arroganza dei falsi amici. Era una Croce pesante, come la notte delle persone abbandonate, pesante come la morte delle persone care, pesante perché riassume tutta la bruttura del male. Tuttavia, è anche una Croce gloriosa come l’alba di una notte lunga, perché raffigura in tutto l’amore di Dio che è più grande delle nostre iniquità e dei nostri tradimenti. Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare dal male; ma vediamo anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia".

"Di fronte alla Croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati eternamente; di fronte alla Croce ci sentiamo 'figli' e non 'cose' o 'oggetti', come affermava San Gregorio Nazianzeno rivolgendosi a Cristo con questa preghiera: 'Se non fossi Tu, o mio Cristo, mi sentirei creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco. Mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi, io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali, che non hanno peccati. Ma io, cosa ho di più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi Tu, o Cristo mio, mi sentirei creatura finita. O nostro Gesù, guidaci dalla Croce alla resurrezione e insegnaci che il male non avrà l’ultima parola, ma l’amore, la misericordia e il perdono. O Cristo, aiutaci a esclamare nuovamente: 'Ieri ero crocifisso con Cristo; oggi sono glorificato con Lui. Ieri ero morto con Lui, oggi sono vivo con Lui. Ieri ero sepolto con Lui, oggi sono risuscitato con Lui'".

"Infine, tutti insieme, ricordiamo i malati, ricordiamo tutte le persone abbandonate sotto il peso della Croce, affinché trovino nella prova della Croce la forza della speranza, della speranza della resurrezione e dell’amore di Dio".

SABATO SANTO: TORNARE AL LUOGO DELLA PRIMA CHIAMATA

Città del Vaticano, 19 aprile 2014 (VIS). Alle 20:30 di questa sera, nella Basilica di San Pietro, ha avuto inizio la solenne Veglia nella Notte Santa di Pasqua. Il rito ha avuto inizio nell'atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l'Altare con il cero pasquale acceso e il canto dell'Exsultet, hanno fatto seguito la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale. Nel corso della cerimonia il Santo Padre ha amministrato i Sacramenti dell'iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Prima Comunione) a 10 neofiti provenienti da Italia, Bielorussia, Senegal, Libano, Francia e Vietnam.

Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata da Papa Francesco:

"Il Vangelo della risurrezione di Gesù Cristo incomincia con il cammino delle donne verso il sepolcro, all’alba del giorno dopo il sabato. Esse vanno alla tomba, per onorare il corpo del Signore, ma la trovano aperta e vuota. Un angelo potente dice loro: 'Voi non abbiate paura!', e ordina di andare a portare la notizia ai discepoli: 'È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea'. Le donne corrono via subito, e lungo la strada Gesù stesso si fa loro incontro e dice: 'Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno'. 'Non abbiate paura', 'non temete': è una voce che incoraggia ad aprire il cuore per ricevere questo annuncio.

Dopo la morte del Maestro, i discepoli si erano dispersi; la loro fede si era infranta, tutto sembrava finito, crollate le certezze, spente le speranze. Ma ora, quell’annuncio delle donne, benché incredibile, giungeva come un raggio di luce nel buio. La notizia si sparge: Gesù è risorto, come aveva predetto…E anche quel comando di andare in Galilea; per due volte le donne l’avevano sentito, prima dall’angelo, poi da Gesù stesso: 'Che vadano in Galilea, là mi vedranno'. 'Non temete' e 'andate in Galilea'.

La Galilea è il luogo della prima chiamata, dove tutto era iniziato! Tornare là, tornare al luogo della prima chiamata. Sulla riva del lago Gesù era passato, mentre i pescatori stavano sistemando le reti. Li aveva chiamati, e loro avevano lasciato tutto e lo avevano seguito.

Ritornare in Galilea vuol dire rileggere tutto a partire dalla croce e dalla vittoria; senza paura, 'non temete'. Rileggere tutto – la predicazione, i miracoli, la nuova comunità, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento – rileggere tutto a partire dalla fine, che è un nuovo inizio, da questo supremo atto d’amore.

Anche per ognuno di noi c’è una 'Galilea' all’origine del cammino con Gesù. 'Andare in Galilea' significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. È da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Nella vita del cristiano, dopo il Battesimo, c’è anche un’altra 'Galilea', una 'Galilea' più esistenziale: l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo, che mi ha chiamato a seguirlo e a partecipare alla sua missione. In questo senso, tornare in Galilea significa custodire nel cuore la memoria viva di questa chiamata, quando Gesù è passato sulla mia strada, mi ha guardato con misericordia, mi ha chiesto di seguirlo; tornare in Galilea significa recuperare la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i miei, il momento in cui mi ha fatto sentire che mi amava.

Oggi, in questa notte, ognuno di noi può domandarsi: qual è la mia Galilea? Si tratta di fare memoria, andare indietro nel ricordo. Dov’è la mia Galilea? La ricordo? L’ho dimenticata? Cercala e la troverai! Lì ti aspetta il Signore. Sono andato per strade e sentieri che me l’hanno fatta dimenticare. Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia. Non abbiate paura, non temete, tornate in Galilea!

Il Vangelo è chiaro: bisogna ritornare là, per vedere Gesù risorto, e diventare testimoni della sua risurrezione. Non è un ritorno indietro, non è una nostalgia. È ritornare al primo amore, per ricevere il fuoco che Gesù ha acceso nel mondo, e portarlo a tutti, sino ai confini della terra. Tornare in Galilea senza paura.

'Galilea delle genti': orizzonte del Risorto, orizzonte della Chiesa; desiderio intenso di incontro… Mettiamoci in cammino!".

DOMENICA DI PASQUA: L’AMORE FA FIORIRE LA SPERANZA NEL DESERTO

Città del Vaticano, 20 aprile 2014 (VIS). Alle 10:15 di questa mattina, domenica di Pasqua, il Santo Padre ha presieduto in una Piazza San Pietro adornata da 35.000 piante fiorite (tulipani, narcisi, giacinti), dono dei coltivatori di fiori dei Paesi Bassi, la solenne Messa nella Pasqua di Risurrezione del Signore. Alla Celebrazione, iniziata con il rito del "Resurrexit", l'apertura di un icona del Risorto situata accanto all'altare papale, hanno partecipato più di 150.000 fedeli provenienti da tutto il mondo. Il Papa non ha tenuto l'omelia poiché alla Messa ha fatto seguito la benedizione "Urbi et Orbi" con il Messaggio pasquale.

Alle 12:00, dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, il Papa ha rivolto ai fedeli presenti in Piazza San Pietro ed a quanti lo ascoltavano attraverso la radio e la televisione, il Messaggio pasquale, pregando per i fratelli colpiti dall’epidemia di ebola in alcuni paesi africani, per la pace in Siria, Iraq, Venezuela, Ucraina, per la fine delle violenze nella Repubblica Centroafricana, in Nigeria e in Sud Sudan e per la ripresa dei negoziati tra Israeliani e Palestinesi. Infine il Santo Padre ha impartito la benedizione "Urbi et Orbi".

"Cari fratelli e sorelle, buona e santa Pasqua! - ha detto il Papa - Risuona nella Chiesa sparsa in tutto il mondo l’annuncio dell’angelo alle donne: 'Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto … venite, guardate il luogo dove era stato deposto'.

Questo è il culmine del Vangelo, è la Buona Notizia per eccellenza: Gesù, il crocifisso, è risorto! Questo avvenimento è alla base della nostra fede e della nostra speranza: se Cristo non fosse risorto, il Cristianesimo perderebbe il suo valore; tutta la missione della Chiesa esaurirebbe la sua spinta, perché è da lì che è partita e che sempre riparte. Il messaggio che i cristiani portano al mondo è questo: Gesù, l’Amore incarnato, è morto sulla croce per i nostri peccati, ma Dio Padre lo ha risuscitato e lo ha fatto Signore della vita e della morte. In Gesù, l’Amore ha vinto sull’odio, la misericordia sul peccato, il bene sul male, la verità sulla menzogna, la vita sulla morte.

Per questo noi diciamo a tutti: 'Venite e vedete!'. In ogni situazione umana, segnata dalla fragilità, dal peccato e dalla morte, la Buona Notizia non è soltanto una parola, ma è una testimonianza di amore gratuito e fedele: è uscire da sé per andare incontro all’altro, è stare vicino a chi è ferito dalla vita, è condividere con chi manca del necessario, è rimanere accanto a chi è malato o vecchio o escluso… 'Venite e vedete!': l’Amore è più forte, l’Amore dona vita, l’Amore fa fiorire la speranza nel deserto.

Con questa gioiosa certezza nel cuore, noi oggi ci rivolgiamo a te, Signore Risorto!

Aiutaci a cercarti affinché tutti possiamo incontrarti, sapere che abbiamo un Padre e non ci sentiamo orfani; che possiamo amarti e adorarti.

Aiutaci a sconfiggere la piaga della fame, aggravata dai conflitti e dagli immensi sprechi di cui spesso siamo complici.

Rendici capaci di proteggere gli indifesi, soprattutto i bambini, le donne e gli anziani, a volte fatti oggetto di sfruttamento e di abbandono.

Fa’ che possiamo curare i fratelli colpiti dall’epidemia di ebola in Guinea Conakry, Sierra Leone e Liberia, e quelli affetti da tante altre malattie, che si diffondono anche per l’incuria e la povertà estrema.

Consola quanti oggi non possono celebrare la Pasqua con i propri cari perché strappati ingiustamente ai loro affetti, come le numerose persone, sacerdoti e laici, che in diverse parti del mondo sono state sequestrate.

Conforta coloro che hanno lasciato le proprie terre per migrare in luoghi dove poter sperare in un futuro migliore, vivere la propria vita con dignità e, non di rado, professare liberamente la propria fede.

Ti preghiamo, Gesù glorioso, fa’ cessare ogni guerra, ogni ostilità grande o piccola, antica o recente!

Ti supplichiamo, in particolare, per la Siria, l’amata Siria, perché quanti soffrono le conseguenze del conflitto possano ricevere i necessari aiuti umanitari e le parti in causa non usino più la forza per seminare morte, soprattutto contro la popolazione inerme, ma abbiano l’audacia di negoziare la pace, ormai da troppo tempo attesa!

Gesù glorioso, ti domandiamo di confortare le vittime delle violenze fratricide in Iraq e di sostenere le speranze suscitate dalla ripresa dei negoziati tra Israeliani e Palestinesi.

Ti imploriamo che venga posta fine agli scontri nella Repubblica Centroafricana e che si fermino gli efferati attentati terroristici in alcune zone della Nigeria e le violenze in Sud Sudan.

Ti chiediamo che gli animi si volgano alla riconciliazione e alla concordia fraterna in Venezuela.

Per la tua Risurrezione, che quest’anno celebriamo insieme con le Chiese che seguono il calendario giuliano, ti preghiamo di illuminare e ispirare iniziative di pacificazione in Ucraina, perché tutte le parti interessate, sostenute dalla Comunità internazionale, intraprendano ogni sforzo per impedire la violenza e costruire, in uno spirito di unità e di dialogo, il futuro del Paese. Che loro come fratelli possano oggi gridare Xphctoc Bocкpec.

Per tutti i popoli della Terra ti preghiamo, Signore: tu che hai vinto la morte, donaci la tua vita, donaci la tua pace! 'Christus surrexit, venite et videte!'. Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua!".

LUNEDÌ DELL'ANGELO: MARIA, MADRE DELLA SPERANZA

Città del Vaticano, 21 aprile 2014 (VIS). Alle 12:00 di oggi, Lunedì dell'Angelo, il Papa si è affacciato alla finestra dello studio per recitare il Regina Caeli - la preghiera che nel tempo pasquale sostituisce l'Angelus - con le migliaia di fedeli e pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Papa Francesco ha augurato a tutti una buona Pasqua ricordando che: "Il sentimento dominante che traspare dai racconti evangelici della Risurrezione è la gioia piena di stupore (...). La gioia che viene da dentro! E nella Liturgia noi riviviamo lo stato d’animo dei discepoli per la notizia che le donne avevano portato: Gesù è risorto!".

"Lasciamo che questa esperienza, impressa nel Vangelo - ha proseguito il Pontefice - si imprima anche nei nostri cuori e traspaia nella nostra vita. (...) Chi fa questa esperienza diventa testimone della Risurrezione, perché in un certo senso è risorto lui stesso, è risorta lei stessa. Allora è capace di portare un 'raggio' della luce del Risorto nelle diverse situazioni: in quelle felici, rendendole più belle e preservandole dall’egoismo; in quelle dolorose, portando serenità e speranza".

"In questa settimana, ci farà bene prendere il Libro del Vangelo e leggere quei capitoli che parlano della Risurrezione di Gesù. (...) Ci farà bene, in questa settimana, anche pensare alla gioia di Maria, la Madre di Gesù. - è stato il consiglio del Papa - Passato attraverso l’esperienza di morte e risurrezione del suo Figlio, viste, nella fede, come l’espressione suprema dell’amore di Dio, il cuore di Maria è diventato una sorgente di pace, di consolazione, di speranza, di misericordia. Tutte le prerogative della nostra Madre derivano da qui, dalla sua partecipazione alla Pasqua di Gesù. Dal venerdì al mattino di domenica, Lei non ha perso la speranza: l’abbiamo contemplata Madre addolorata ma, al tempo stesso, Madre piena di speranza. (...) A Lei, silenziosa testimone della morte e della risurrezione di Gesù - ha concluso Papa Francesco - chiediamo di introdurci nella gioia pasquale".
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